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Danilo, qual è
il campo professionale in cui operi?
Divido la mia attività
professionale tra l’interesse per la psichiatria
e quella per l’Evidence Based Medicine (EBM), un
settore della Medicina che si è sviluppato
all’incirca negli ultimi 15 anni, a partire dai
paesi anglosassoni e dal Canada, e che mira a
far giungere alle persone, ad esempio,
trattamenti per i quali ci siano specifiche
prove di efficacia provenienti dalla ricerca.
Purtroppo, anche se non molti lo sanno, una
buona parte dei trattamenti che oggi i pazienti
ricevono non hanno alle spalle reali prove di
efficacia, e in molti casi ci sono addirittura
prove che possa trattarsi di cure inutili o
perfino, in certi casi, dannose.
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Hai avuto sempre chiaro il tuo
percorso umano e professionale?
Assolutamente no, come
dimostra il fatto che mi sono lasciato
“attrarre” prima verso il giornalismo
scientifico e poi verso le attività connesse
all’EBM. In tutto questo probabilmente ha
giocato anche un certo progressivo distacco
emotivo dalla
psichiatria, che è molto cambiata da quando la
scelsi come mia specialità, alla fine degli anni
Settanta. La psichiatria di quel periodo storico
era molto orientata in senso psic, aveva uno
spessore
Danilo Di Diodoro
a 18 anni
culturale e sociale che
poi si è andato progressivamente perdendo. E per
dirla tutta, mi piace cambiare, sono attratto
dal nuovo che si affaccia all’orizzonte. Quindi
il mio è un percorso professionale un po’
tortuoso, ma forse anche per questo fecondo.
- Ti sentiresti di dare
ragione a Saul Bellow, Nobel per la Letteratura,
quando dice, nel suo “Il re della pioggia”, che
“In un’epoca di pazzia, credersi immuni dalla
pazzia è una forma di pazzia”?
Sono un appassionato
lettore di Saul Bellow e quindi mi piace questa
idea che si arrotola un po’ su se stessa. Come
la frase che ho riportato nel format della mia
posta elettronica, scritta da
Emerson Pugh,
che recita: “Se la mente umana fosse abbastanza
semplice per poter essere capita, noi saremmo
troppo semplici per capirla”. Tutto questo è
abbastanza complicato e insensato, forse i pazzi
siamo tu e io e non ce ne rendiamo conto…
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La parte del giornalista che è in te
può dire che l’informazione contribuisce alla
nevrosi di massa, se si può parlare di una
nevrosi di massa?
Se c’è una nevrosi di
massa contemporanea, dal mio punto di vista, è
quella della estrema consapevolezza su malattia
e salute. E’ un tema che da molti anni ormai è
in cima agli interessi delle persone, come sanno
bene i giornalisti, ma anche i politici. Sulla
qualità dei servizi sanitari si giocano intere
partite politiche, mentre i servizi, le pagine e
gli inserti sulla salute sono tra i più letti su
giornali e riviste. Temo che alcuni
atteggiamenti in questo ambito possano essere
considerati un tantino esagerati, generando più
infelicità che salute. Peraltro si tratta di un
fenomeno non esente da pressioni di marketing,
ad esempio da parte dell’industria farmaceutica
internazionale, che tenta ormai da anni di
espandere il consumo di farmaci, anche
attraverso strategie non sempre limpide, come
quella che mira a “creare” nuove malattie, per
aprire nuovi mercati. E spesso i medici e i
giornalisti scientifici sono complici più o
meno inconsapevoli. Sto parlando di disturbi
come la fobia sociale, il disturbo
post-traumatico da stress, la calvizie o
l’insonnia, che forse è esagerato voler
identificare come malattie. Su questo punto,
dentro di me, il giornalista scientifico e il
medico hanno una visione del tutto convergente.
Credo quindi che le persone, medici
compresi, dovrebbero imparare a rispettare la
salute, ma senza bersi acriticamente tutto
quello che raccontano l’industria farmaceutica,
le televisioni e i giornali su nuove malattie e
trattamenti più o meno miracolosi. Cerco di dare
un mio contributo formativo e informativo su
questi temi sul Blog Scire, il blog che scrivo
per conto dell’Azienda Usl di Bologna sui temi
riguardanti l’EBM e l’umanizzazione in Medicina,
e che può essere visitato all’indirizzo
http://www.scire-ausl.bo.it/
.
E’ riservato agli
operatori sanitari, ma è scritto con un
linguaggio comprensibile a tutti, quindi se
qualche giuliese vorrà iscriversi ne sarò
onorato.
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In qualità di componente di un
Comitato Etico-Scientifico, ruolo ricoperto
nell’Azienda Usl di Bologna, quali sono a tuo
avviso i passi più importanti compiuti dalla
medicina? Ovvero, sono stati fatti più passi
avanti nell’Etica rispetto alla Scienza, o
viceversa?
Bella domanda.
Sicuramente sono stati fatti passi più avanti
nella parte per così dire “tecnologica” della
Medicina, che sul versante dell’etica medica.
Anzi, purtroppo sembra che i due settori
procedano uno a scapito dell’altro. Più la
formazione dei medici si fa tecnica, più sembra
che si perdano di vista gli aspetti della
relazione medico-paziente e quelli connessi
all’etica. Non vorrei annoiare con temi troppo
tecnici, ma uno dei compiti che svolgiamo nel
Comitato Etico è quello di valutare la
correttezza scientifica ed etica dei protocolli
di ricerca, ad esempio, sui nuovi farmaci. In
molti casi, questi protocolli sono impeccabili
dal punto di vista formale e metodologico, ma
sono palesemente carenti da quello etico. Si fa
fatica a capire quale è il vantaggio potenziale
per i pazienti che dovrebbero entrare in quella
ricerca, mentre è evidente il vantaggio che ne
avrebbe l’industria nel commercializzare quel
farmaco. Invece sarebbe importante che fosse
sempre in primo piano l’avanzamento che un nuovo
farmaco offre in termini di miglioramento della
qualità della vita dei malati. Spesso così non
è. E’ per questo che dico che avanza la
tecnologia, ma non avanza l’etica.
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Cosa c’è in te di bolognese e cosa di
giuliese?
Bene, ora mi rilasso un
po’ con le domande personali. Dentro di me c’è
un nocciolo profondo che è completamente e
profondamente giuliese e che nessuno potrebbe
mai rimuovere. Per dirla come la direbbe uno
psichiatra, la mia identità più profonda è
quella del giuliese doc. Quasi quaranta anni
trascorsi un po’ a Milano e soprattutto a
Bologna hanno aggiunto molti strati attorno a
questo nocciolo. La parte professionale è
praticamente tutta milanese e bolognese. Non so
niente della Medicina e della Psichiatria
giuliesi. Un po’ mi dispiace, certe volte mi
piacerebbe poter mettere a disposizione di
Giulianova l’esperienza fatta ad esempio nei
servizi sanitari dell’Emilia-Romagna, ma non
credo che sarà mai possibile.
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E cosa è
cambiato nella Bologna in cui vivi e nella
Giulianova in cui torni?
A Bologna vivo nel centro
storico, che dal punto di vista puramente
esteriore è abbastanza immodificabile, essendo
in gran parte di impianto medioevale. Ma la
città è cambiata molto dai tempi
dell’Università. Direi che si è molto
assottigliato quel tessuto fatto di
partecipazione, solidarietà, e impegno sociale
che era una delle caratteristiche principali di
Bologna. E naturalmente, come in tutte le città,
c’è stato l’impatto con l’immigrazione dagli
altri paesi, che ha portato nuove possibilità e
arricchimenti, ma anche nuovi problemi.
Per quanto riguarda
Giulianova per me tornare d’estate o durante le
altre vacanze ha avuto per anni il significato
profondo del ritorno ai luoghi dell’anima e
della memoria. Poi, un po’ alla volta,
soprattutto a partire dagli anni Ottanta, mi
sono reso conto che Giulianova cambiava sotto i
miei occhi, e che stava progressivamente
perdendo il profilo umano, ambientale e
urbanistico al quale ero abituato. Ma mi rendo
conto che un paese deve necessariamente evolvere
e aggiornarsi, e spero che Giulianova continuerà
a farlo tenendo conto il più possibile del
rispetto dell’ambiente, dello sviluppo
culturale, della crescita dei valori umani e
delle relazioni interpersonali, tutti elementi
indispensabili per un vero benessere
psicologico. Non sarà facile, non è facile
neppure a Bologna. Viviamo in un’epoca e in una
società nelle quali tende a prevalere l’idea
dell’interesse economico.
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Dopo questa intervista, da amico e da
medico, mi consigli un appuntamento per una
visita o una delle lunghe passeggiate in
spiaggia che ci fanno ritrovare a volte in
estate a Giulianova? O anche una di quelle sfide
sulla terra rossa che hanno riempito le giornate
della nostra adolescenza?
Nessun dubbio,
ovviamente, a favore delle passeggiate e delle
partite a tennis. Che camminare sia più
divertente che andare dal medico è lampante, ma
è anche benefico e terapeutico come hanno
dimostrato molti studi scientifici. Ad esempio,
aiuta a tenere controllata la pressione
arteriosa, a ridurre il colesterolo e la
glicemia. Chi vive a Giulianova ha la fortuna di
avere a disposizione la migliore palestra del
mondo: una lunga spiaggia e uno splendido
lungomare dove camminare, camminare, camminare. |