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Teatro del sì riporta in scena Al Brek e Furio

 

GIULIANOVA (Te), 13.8.2013 - Il prossimo Lunedì 19 agosto alle 21:00, il centro storico di Giulianova si animerà una volta ancora della vis comica di Al Brek, al secolo Aldo Beccaceci, il commediografo e attore giuliese autore di straordinarie pagine di teatro in dialetto locale, che partendo dalla radio conquistò negli anni Novanta i palcoscenici del teramano con memorabili successi di pubblico. Per ricordare l’artista scomparso nel 2008 e parlare ancora della sua opera, si terrà la seconda edizione della manifestazione a lui intitolata e promossa dall’Associazione Culturale Teatro del Sì di Cristina Trifoni con il patrocinio dell’amministrazione comunale. In piazza Buozzi sarà proiettato lo spettacolo, Al Brek e Furio in Cabaret 3 (2001), l’ultimo della sua carriera, una raccolta di otto siparietti sulla Giulianova del dopoguerra, piena di situazioni esilaranti, che fu l’occasione per vedere insieme i due grandi del teatro dialettale giuliese Al Brek e Furio Di Teodoro. Alla serata parteciperanno gli amici e colleghi della Compagnia dialettale giuliese diretta da Piero Di Sante. Si ringraziano per la collaborazione New Video Produzioni Audiovisivi di Lino Lallone, IdeaSuoni di Nino Di Berardino, Radio G Giulianova, Giulianova Patrimonio e Sirio Maria Pomante.

 

AL BREK: LO SGUARDO ACUTO DELL’ARTISTA

di Walter Tortoreto

Avviene non soltanto nella letteratura aulica: ci sono poeti dialettali, come il romano Trilussa o il nostro Modesto Della Porta, che si identificano nella loro città. La città di Teramo ha avuto due ottimi poeti dialettali, entrambi noti anche in ambienti sportivi: Luigi Brigiotti (1859-1933) e, più recentemente, Alfonso Sardella (1937-2010), che ha lasciato anche splendidi acquerelli. Non diversamente da loro, Aldo Beccaceci (1931-2008), anch’egli straordinario disegnatore, ha rappresentato la voce poetica più efficace e divertente del dialetto giuliese, un dialetto ispido come sono in genere i dialetti delle città marine (vedi Vasto), ma di un’evidenza così immediata nei lavori di Al Brek che può essere compreso anche da chi non è giuliese o teramano. Tecnicamente si parla di ‘dialetto’, ma artisticamente si dovrebbe parlare di ‘lingua’, specialmente se si pensa al fascino che le creazioni dialettali di Al Brek suscitavano sulla scena. «Il testo teatrale è fatto per vivere sulla scena non per essere letto» affermava il mio docente di Storia del teatro all’Università. Al Brek non ha lasciato molti documenti scritti o lavori pubblicati; ma egli appartiene a tutti gli effetti alla piccola schiera di quegli artisti che nelle loro opere hanno saputo ricreare lo spirito profondo della loro terra, una terra che, per quanto riguarda la lingua, potrebbe essere allargata fuori della cerchia muraria delle torri giuliesi per comprendere la fascia che si allunga sul mare da Tortoreto a Roseto e che si addentra all’interno per svariati chilometri nelle due valli del Vomano e della Vibrata. Più che riscoprire il dialetto della sua terra, Al Brek lo ha ricreato con amore e bravura: la sua scelta, fin da giovane, è stata una scelta sentimentale. Rivivere la parlata delle tantissime persone che ha incontrato durante la sua intensa vita, e che lo hanno ispirato, gli ha permesso di dare alla sua gente la fisionomia dei suoi pensieri più profondi e dare ai suoi pensieri i volti dei suoi compaesani in un reciproco, amoroso, intenso scambio di emozioni e di capricci. Ho conosciuto tardi questo artista dall’intelligenza fulminante e dal carattere riservato, un artista che nella comicità sapeva scolpire caratteri indimenticabili. I suoi spettacoli teatrali ricordavano la Commedia dell’arte e la felicità inventiva dei migliori commediografi italiani; perciò alla fine di ogni spettacolo il pubblico usciva felice dal teatro. Grazie ai suoi lavori (Chi muore giace e chi vive si dà pace, A lume di candele, Concetta Focardente…), ho visto avvicendarsi sulle scene il variopinto mondo di situazioni e di personaggi degni della grande letteratura medievale europea. Al Brek ha fatto amare Giulianova con tutti i suoi difetti e le sue grandi virtù, trasfigurata sulla scena nel riso o nel pianto dei protagonisti, nel loro grido o nel sospiro. Per tanti aspetti la Giulianova teatrale di Al Brek sembra più vera di quella reale. Infatti il teatro di Al Brek ci ha insegnato una verità preziosa: Giulianova è non soltanto il territorio con le sue case e le sue strade, ma è il vento che viene dal mare e il caldo che in certi giorni toglie il respiro o le voci dei pescatori che si rincorrono al porto; è la popolana che litiga sulla soglia di casa, i bambini che giocano tra i piedi dei passanti, i contadini che bestemmiano per una ingiustizia subita; è la vivente antologia scritta da tutti i giuliesi con la passione che si nasconde dietro il pianto o nel riso sfrenato. I personaggi di Al Brek vivono con le loro cadenze verbali e nei sapienti silenzi teatrali come in un vasto affresco che idealizza la realtà. In pochissimi altri esempi la nostra terra ha trovato, come in Al Brek, un grande artista dallo sguardo altrettanto acuto. I suoi lavori, riuniti e pubblicati, potrebbero rappresentare la testimonianza preziosa di vite vere e reali che la grande letteratura ignora colpevolmente, ma che da sempre sono la sostanza del nostro essere nel mondo.

   

 

da Cristina Trifoni - Direttore Scuola Associazione Teatro del Si

Al Brek

 

 
 
 

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