In attesa di rituffarsi nel calcio,
chi è e cosa fa oggi Stefano Olivieri?
«E' un papà che vive con la propria famiglia a
pochi chilometri da Verona e studia calcio ogni
giorno con l'ambizione di affermarsi e crescere
nel proprio lavoro. Dopo aver smesso di giocare
a calcio ho intrapreso la carriera di allenatore
iniziando a collaborare nel settore giovanile
del Chievo per poi entrare a far parte nello
staff tecnico di Eugenio Corini in attesa di una
panchina»
Se dico Fadini, spiaggia, mare...cosa ti viene
in mente d'acchito?
«Tutte cose che mi mancano da morire, sono una
parte importante della mia vita. Vivere a 450 Km
da Giulianova non è facile, il richiamo è sempre
fortissimo . Quando ne ho la possibilità ritorno
anche solo per due giorni, mi ricarica lo
spirito»
112 presenze di cui 38 in B e 74 in C1, ritiro
forzato per infortunio a 26 anni. Rimpianti,
rabbia... Con quali sentimenti hai lasciato i
campi di calcio?
«Durante una gara di campionato contro il
Cittadella mi sono procurato una lesione del
legamento crociato anteriore del ginocchio
destro. Nonostante tre operazioni, ho continuato
ad avere problemi e dopo un calvario durato due
anni e mezzo non ce l'ho più fatta. Non sono uno
che si lascia sopraffare dallo sconforto ma il
rimpianto di non sapere dove sarei potuto
arrivare c'è. Avevo raggiunto una discreta
maturità tecnico-tattica ma soprattutto fisica,
mi è dispiaciuto molto ma dovevo guardare avanti»

Olivieri stacca di testa in una partita con la
maglia del Pescara
Cresciuto nel Giulianova, la squadra della tua
città poi Pescara. Chievo Verona che ti ha
richiamato. Che ricordi di ciascuna squadra?
«Giocare al Fadini è stato stupendo ma faticoso
dal punto di vista mentale, ero giovane e in
parte protetto ma non volevo deludere la mia
gente e questo rendeva tutto più pesante ma ne è
valsa davvero la pena. C'era tanto entusiasmo in
quei giorni e molto seguito, ricordo che al
termine delle partite, una volta uscito dallo
spogliatoio era prassi trattenermi per qualche
minuto nella sede della Scuola Calcio dove oltre
a mio padre trovavo delle persone per me
importanti che ci tengo a nominare come il
grande Emilio Della Penna, Alfredo Cerasari e
Francesco Ianni che mi hanno visto crescere del
mondo calcistico. Momenti bellissimi trascorsi
in un ambiente sano e familiare. Ricordo il
primo gol in giallorosso durante un combattuto
Giulianova-Paternò quando dopo pochi minuti
dall'inizio del secondo tempo ho portato in
vantaggio la mia squadra con un colpo di testa.
La parentesi di Pescara è avvenuta in un momento
societario difficile , retrocedemmo durante
un'annata balorda, si innescarono strane
dinamiche che ho capito solo dopo anni. Fu
comunque una crescita per la mia carriera perchè
ebbi la possibilità di confrontarmi con
giocatori importanti. Ad Ancona invece ho vinto
il mio unico campionato con un gruppo di ragazzi
fantastici che porto ancora nel cuore. Non posso
dimenticare la finale play off vinta contro un
Taranto molto forte. Nel Chievo in realtà non ho
mai disputato una gara ufficiale, ho solo svolto
una preparazione pre-campionato nella stagione
di mister Iachini»
A proposito di ricordi: quali ricordi hai degli
allenatori avuti e per quale motivo? Cosa ti ha
lasciato ciascuno di loro? Ricordi aneddoti
particolari?
«Di Giorgini mi ha sempre colpito l'energia, la
personalità e l'intensità dei suoi allenamenti
e un'ottima fase offensiva del 4-4-1-1 di
stampo "sacchiano". Di D'Adderio invece ero
innamorato della sua grande attenzione per la
fase difensiva, mi ha insegnato molto. D'Arrigo
è colui che ha creduto di più in me facendomi
giocare anche fuori ruolo pur di avermi in
campo. Ballardini mi ha fatto esordire in serie
B e mi piaceva molto per i modi con cui spiegava
i suoi concetti, una persona di grande umanità.
Iachini mi piaceva per la cura maniacale del
particolare e Francesco Monaco per la capacità
gestionale del gruppo»

Olivieri in un'azione offensiva dell'Ancoina
contrastato da Bonucci
Idem presidenti e compagni di squadra...
«Impossibile dimenticare la figura di Sandro
Quartiglia che con grande competenza ha fatto
vivere a Giulianova calcistica le pagine più
belle e appassionanti, troppe volte contestato e
ingiustamente costretto a cedere il passo a
persone che non hanno saputo conservare il
patrimonio costruito negli anni con tanti
sacrifici e con risultati importanti. Negli anni
ho giocato con tanti ragazzi ma sono rimasto
particolarmente legato al gruppo di Ancona, su
tutti a Salvatore Mastronunzio, amico e
bomber, e Fabio Di Fausto»
E' vero che sei particolarmente legato a Corini,
di cui sei stato collaboratore di fiducia?
«E' nato quasi tutto casualmente quando io
lavoravo per la Primavera del Chievo e lui
subentrò a Di Carlo. C'era bisogno di una figura
che osservasse le squadre avversarie e fui
mandato al San Paolo di Napoli per studiare la
squadra di Benitez in previsione della
successiva gara di campionato. Il lavoro che
produssi gli piacque e così iniziai a
collaborare con il suo staff. Nel tempo la
fiducia nei miei confronti è cresciuta e ora ci
troviamo settimanalmente per aggiornarci e
studiare le altre squadre del campionato
italiano. E' un allenatore giovane preparato,
con una grande voglia di emergere e carisma da
vendere oltre che una persona per bene»
Come mai non sei rimasto nel Chievo di Maran?
«Dopo l'arrivo di Maran ho continuato a lavorare
come collaboratore esterno fino al termine
della stagione fornendogli relazioni sulle
squadre avversarie. Come lecito che sia,nel la
stagione successiva ha preferito inserire nel
suo staff un suo collaboratore di fiducia»
I rapporti con il presidente Luca Campedelli?
«Un normalissimo rapporto cordiale tra datore di
lavoro e dipendente; in passato amministrava la
società in modo più "famigliare" mentre negli
ultimi tempi qualcosa è cambiato, forse a causa
dell'uscita di scena di tante persone storiche
che hanno dato vita al mondo Chievo tra cui lo
storico ds Giovanni Sartori»
Chi è il tuo allenatore ideale?
«L'allenatore numero uno è Carlo Ancellotti,
persona genuina, vera, che trasmette serenità e
sicurezza. Tutti i suoi ex calciatori lo adorano
e lo stimano, mi piace il suo equilibrio che non
lo ha mai portato negli anni ad avere
atteggiamenti fuori dalle righe o a fare
dichiarazioni altisonanti»
E il giocatore?
«Col sorriso sulle labbra ti dico Messi, perchè
risolverebbe tanti problemi col minimo sforzo»
E la squadra ideale?
«Io sono milanista ma devo ammettere che la
squadra ideale da allenare è la Juventus. Non
parlo di valori dei calciatori bensì della
struttura e della mentalità societaria che
infonde in tutti i dipendenti un pensiero
vincente. Esigono massimo rigore e serietà ma
sanno bene quanto sia importante legittimare le
scelte del proprio allenatore e non metterlo
continuamente in discussione come accade ormai
in moltissime altre squadre»
Quali sono i valori che ti hanno trasmesso
l'ambiente famigliare e quello sportivo-sociale
in cui sei cresciuto?
«Credo che la mia famiglia abbia avuto un ruolo
importante soprattutto per avermi lasciato
libero di scegliere e di divertirmi, senza mai
crearsi o creare in me delle aspettative. Mio
padre mi ha sempre seguito ma non ha mai
espresso commenti sulla prestazione o giudizi
nei confronti di altre persone. Il resto lo
hanno fatto tutte quelle persone che mi hanno
allenato fino ai 18 anni che a quei tempi
vivevano la scuola calcio e il settore giovanile
con amore e passione incondizionata»
Di che cosa ha bisogno il calcio, in particolare
quello italiano?
«E' di vitale importanza cambiare la cultura
secondo la quale il risultato è la cosa più
importante, il nostro calcio ha bisogno di
credere di più nei ragazzi italiani e dar loro
il tempo di crescere e quindi di sbagliare.
Ormai i nostri campionati sono strapieni di
calciatori stranieri di livello mediocre che
potrebbero essere sostituiti da ragazzi dei
nostri settori giovanili»
Cosa pensi del Pescara e del Giulianova di
oggi?
«L'attuale Pescara si trova in un periodo di
difficoltà ma ha un ottimo organico e secondo me
lotterà fino alla fine per andare in Serie A.
Per quanto riguarda il Giulianova non so come
stanno le cose per cui mi astengo dall'esprimere
un giudizio. Posso solo dire che è un grande
dispiacere vederlo annaspare tra i dilettanti
senza un progetto o una speranza di poter
costruire qualcosa di concreto. Un vero peccato»
Nel tuo futuro vedi una panchina oppure una
scrivania?
«Senza dubbio sento di dover lavorare sul campo,
di avere un legame con i ragazzi, trasferire le
mie idee e condividere le emozioni con loro»
Alleneresti il Giulianova?
«Sarebbe bellissimo....chissà un giorno possa
accadere!» |