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L'Angolo acuto

di Lino Manocchia

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L'angolo acuto di Lino Manocchia - NEW YORK, 2.5.2013 -  “In Italia, la strana Nazione, ancora una volta impegnata con le Elezioni Politiche, si verificano “casi” ancor piu’ strani. In Italia, ecco la notizia, mancano i “Pizzaioli.” E’ il londinese “Telegraph Newspaper” ad emettere simili raffronti facendo uso del sempre odiato, sarcastico stile giornalistico. Dunque gli inglesi si sono accorti che nel mondo mancano i “cuochi” della Pizza. Nella patria della pizza mancano i pizzaioli

 

NEW YORK, 2.5.2013 -  “In Italia, la strana Nazione, ancora una volta impegnata con le Elezioni Politiche, si verificano “casi” ancor piu’ strani. In Italia, ecco la notizia, mancano i “Pizzaioli.” E’ il londinese “Telegraph Newspaper” ad emettere simili raffronti facendo uso del sempre odiato, sarcastico stile giornalistico. Dunque gli inglesi si sono accorti che nel mondo mancano i “cuochi” della Pizza. Ma, ovviamente, non è una novità, poiché le statistiche, emesse da numerose fonti, parlano di “mancanza di ottimi pizzaioli”, dall’Italia all’America, dal Bangladesh alle Filippine, difettano di veri “pizzaman”, problema che la FIPE. sta spianando, accogliendo altresì un centinaio di aspiranti pizzaioli egiziani l’anno, i quali, una volta in Italia vengono “istruiti” da esperti pizzaioli napoletani, nel tentativo di frenare la carenza, essendo l’Italia la Madre della Pizza che allestisce torte al pomodoro, intorno ai 3 miliardi l’anno.

“In Italia l’ammissione di operai non pizzaioli tricolori è pressoché unico”, ammette Roberto Caporuscio, presidente dell’Associazione Pizzaioli napoletani, il quale ha recentemente ammesso, alla NBC TV, che “la maggioranza degli immigranti che lavorano in pizzerie e ristoranti americani, provengono dall’America Latina”.

Un collega americano ha candidamente ammesso che l’Italia sta attraversando una colossale perdita culturale. Un amico, lo scorso anno, è giunto in Italia con una “tour guide”, e tornado in Patria, ammise che “di questo passo all’Italia rimarrà soltanto l’architettura”.

Ritorna in causa il quotidiano inglese il quale sottopone una domanda, dal tono inasprito di sarcasmo: “Dove sono andati a finire i maestri della Pizza? L’Italia accusa una disoccupazione intorno al 12.5% (per i giovani la cifra sale al 35%; n.d.r.). “Come mai quegli operai non fanno domanda di lavoro?”. “Perché”, insinua il giornale, “chiaramente essi non vogliono affondare le mani nella pasta che darebbe vita a 25.000 pizzerie, e poi pensano che fare il pizzaiolo è un lavoro umiliante, manuale, secondario”.

A rincarare la questione interviene il romano Alessandro Rossi, proprietario di una pizzeria, il quale al giornale inglese ammette: “Gli italiani vogliono un lavoro confortevole in ufficio dove lavorano sei ore al giorno, cinque giorni la settimana con condizionatore d’aria”.

Anche in America, purtroppo, crescono le pizzerie e fanno affari d’oro associandosi con squadre sportive (Baseball sopratutto) offrendo pizze gustose e ricche di ogni ben di Dio, ma una volta fuori del campo sportivo, si incorre in commiserevoli prodotti che offendono il cliente.

Son finiti i pizzaioli di lusso, anche in America. Un esempio “Mario” pizzeria in vita ventennale nella famosa Arthur Avenue del Bronx, dove il cronista qualche settimana fa, con un collega ordinò una pizza media, che non potè finire neppure una fetta.

Per la pasta ed il “condimento” usati, all’offensivo prezzo di 30 dollari, il pizzaiolo messicano “non sapeva” che esiste anche la farina di grano (n.d.r.).

Esempi, a bizzeffe, carestia di pizzaioli a volontà, un mondo convulso che i “cugini” Inglesi amano propagandare con termini e verbi fuori d’uso.

È un fenomeno della vita, ed il proverbio “Ogni cosa bella è destinata a scomparire” non sbaglia.

 

 

 

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