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  Unite: "Turismo come occasione di rinascita del territorio"
  «Il Turismo in una visione d'insieme»

 

Riflessioni di Ludovica Raimondi

Ludovica Raimondi è nata a Giulianova, il 7 aprile 1982. E’ laureata in Lettere Antiche, con indirizzo specialistico nel settore linguistico-filologico, presso l’Università Cattolica di Milano dopo avere conseguito la Laurea triennale presso l’Università di Chieti con la votazione di 110 con lode.Giulianova, 16.3.2012 - Benché non sia del settore, vorrei porre alla vostra attenzione alcune riflessioni che ho elaborato nel corso dell'incontro del 14 marzo scorso, che ho trovato chiaro e interessante:

 

 

 

«Parlare di riqualificazione e di riantropizzazione dei borghi e delle realtà montane, a mio avviso, deve partire da una visione d’insieme del tessuto economico e sociale dell’intero territorio, promuovendone il patrimonio e le variegate peculiarità e migliorando i servizi di collegamento tra la costa e l’entroterra, affinché, come si è detto, vi sia una adeguata fruibilità da parte del turista. Migliorare l’offerta e la pubblicizzazione della nostra terra è un bisogno contingente e dovrebbe partire dalla valorizzazione delle competenze e delle professionalità che, oggi più di ieri, sono in campo. Dalla valorizzazione dei borghi a quella dei parchi  naturalistici, dai sentieri montani alle piste ciclabili lungo la costa, dall’artigianato all’enogastronomia, studiando nuovi linguaggi e nuove forme di interesse per i giovani, che sono sempre più dinamici e partecipi di realtà differenti da quelle del piccolo paese. Lo stimolo di tornare a una produzione artigianale c’è, ma fatica a concretizzarsi, causa le tante peripezie burocratiche, politiche ed economiche.  La rivalutazione del patrimonio deve interessare soprattutto le comunità che lo abitano, uscendo dal campanilismo e dal localismo, per fare rete con i comuni e le province della regione. A volte sembra più facile sentirsi giuliese, teramano, chietino, che pensarsi abruzzese. Spesso siamo i primi a non conoscere le bellezze, la storia e la cultura del territorio confinante con il nostro. Come pensiamo di poter promuovere e difendere la nostra identità da mire speculatrici esterne?

Vivendo in una città di mare ho come l’impressione che la tendenza generale sia quella di “imprigionare” il turista in questo o in quell’albergo, in questo o in quel campeggio, proponendo spettacoli di animazione che intrattengano l’ospite nell’angusto spazio ricettivo. Di contro, però, ho avuto modo di constatare che al mare viene anche gente con interessi che guardano oltre la siepe dell’albergo, per conoscere quello che di bello e culturale la città offre, scoprendo l’esistenza di paesi e attrazioni di pregio appena fuori dal confine locale. La meraviglia della inaspettata scoperta si tramuta in curiosità e in entusiasmo, per cui quel turista l’anno successivo, molto probabilmente, cambierà meta per visitare i luoghi di cui ha sentito parlare. O forse l’anno successivo programmerà il suo soggiorno nella stessa località, prendendo in considerazione la visita di quegli stessi paesi memorizzati l’anno precedente. In tal caso un operatore culturale avrebbe reso un servizio a scapito dell’economia della sua città o avrebbe reso un servizio a beneficio della collettività abruzzese tutta?

La promozione turistica o culturale di un territorio, pertanto, esige che i primi turisti siano gli abitanti autoctoni, spesso ignari delle proprie potenzialità e della propria ricchezza. Questo, a parer mio, manca all’Abruzzese o meglio al sistema abruzzese. Se non si conosce non si può né promuovere né difendere ciò che si possiede. Negli ultimi tempi siamo tutti più o meno informati dell’incombente minaccia petrolifera, che rientra nel progetto politico e imprenditoriale di tramutare l’Abruzzo da Regione verde d’Europa in distretto minerario. Altra spada di Damocle, appesa sulle nostre nuche da qualche tempo a questa parte, è la volontà politica di riperimetrare o abolire la Riserva Naturale del Borsacchio, che è sita nella provincia di Teramo. Come si fa a difendere il territorio, l’agricoltura, la salute umana e ambientale se non si conoscono le nostre realtà economiche, culturali, sociali e territoriali? Il No al consumo di territorio si attua scongiurando sì la cementificazione diffusa e incontrollata, ma tanto più ostacolando fortemente i progetti di ricerca e prospezione di idrocarburi gassosi e liquidi in terra e in mare, pianificando accuratamente l’installazione dei fotovoltaici e delle pale eoliche, ascoltando e mettendo in campo le competenze dei professionisti del settore. Significa perciò pianificare il territorio abbandonando le logiche clientelari e lobbistiche. Anche per il progetto di ri-antropizzazione delle realtà a rischio di vanificazione bisognerebbe partire dall’esempio della Basilicata, che è la regione con un altissimo tasso di spopolamento e di migrazione proprio a causa della petrolizzazione: il miele e i prodotti della terra sono contaminati dal petrolio; le falde acquifere sono ormai contaggiate; i vigneti e i terreni agricoli sono avvelenati; le case e gli appartamenti sono svalutati. Nessuno più vuole vivere in quella regione. Proiettando questa immagine nella nostra realtà e prendendo il borgo di Castelbasso come modello, si può dire che un paese che sta impiegando sforzi, soldi e professionalità nella cultura e nella rinascita del posto, si vedrebbe crollare tutto, vanificare tempo e risorse, nel caso in cui venisse concessa la possibilità alle ditte petrolifere di svolgere attività nel contesto in cui esso si insedia. E Castelbasso è pienamente inglobato nel progetto denominato “Villa Carbone”. Lo stesso dicasi per la Riserva del Borsacchio, addirittura inesistente nel progetto della MOG, che stima l’area teramana priva di alcun valore. Si potrebbe continuare con la Riserva dei Calanchi di Atri, gioiello della nostra terra. Quindi se da una parte c’è lo sforzo di ri-popolare i borghi in stato di abbandono, dall’altra la volontà di incidere sul territorio con operazioni devastanti deriva proprio dall’alibi che le aree interessate sono scarsamente antropizzate. Ecco da dove nasce la scelta di chi si vuole essere e cosa si vuole valorizzare.

La migrazione, inoltre, è un evento naturale dettato da diversi fattori, tra cui quello di studiare fuori sin da piccoli: la scelta di alcuni indirizzi scolastici, prima ancora di quelli universitari, spesso costringono a spostarsi. In alcune realtà la scelta è obbligatoria. Questo comporta uno scollamento con il luogo di origine e penso che proprio in questa diaspora si insinui il germe dell’ambizione di fare altro nella vita. I tempi cambiano e l’economia costringe sin dall’età dell’industrializzazione a spostarsi dove c’è il lavoro ed è proprio il lavoro a delineare i cambiamenti. La vergogna per i mestieri degli avi coglie le età adolescenziali, credo, poco quelle mature. Le comunità montane, a detta di alcuni esponenti politici, sono un costo per lo Stato Ma la politica si chiede se non sia maggiore il costo che sostengono le comunità stesse che abitano l’entroterra? Le vie di comunicazione sono ancora lacunose e difettose. Inoltre le nuove attività, a parer mio, più che vertere nel ripristino esclusivo dell’artigianato tradizionale dovrebbero guardare alle nuove competenze e ai nuovi sbocchi professionali, valorizzando gli studi compiuti. Ecco, quindi, l’attenzione per un’economia sostenibile ed ecologica, atta a incentivare parchi naturali, percorsi ciclo-pedonabili, ippovie, riserve, laboratori, fruibilità nel mondo della cultura con aperture di musei, teatri, cinema, etc.

Altro tasto dolente, per concludere, è la recente situazione ferroviaria, che sta portando la morte di gran parte delle stazioni regionali. I treni a lunga percorrenza non fermano più nella città di Giulianova, lasciando scoperta l’intera provincia di Teramo, come anche i treni locali che sono obsoleti, sporchi e inadeguati al trasporto di un numero cospicuo di pendolari. Ben presto le stazioni della fascia costiera abruzzese saranno un ulteriore patrimonio abbandonato, in futuro da riqualificare, perché in stato di degrado. Altre iniziative, altre lotte e altri soldi. Altre disillusioni. Altri eventi migratori. Altri declassamenti sul piano della sicurezza e del turismo regionale.

E’ questo che vogliamo? E’ questa la regione o la provincia che desideriamo abitare e promuovere? I borghi non hanno vita autonoma. Le realtà urbane esistono in una rete e in un contesto, da cui non si può prescindere, specie oggi che il mondo entra in casa via internet.».

Mi scuso per la mia prolissità e vi ringrazio della cortese attenzione.

Cordiali saluti,

Dott.ssa Ludovica Raimondi

Via Montello, 23

64021 Giulianova

Tel. 3389060136

E-mail ludorai@yahoo.it  

Il seminario
Teramo, 16.02.2012 - “Il turismo come occasione di rinascita del territorio”: questo il titolo del seminario tenutosi presso l’Università degli Studi di Teramo, il 14 Marzo scorso, moderato dal Prof. Everardo Minardi, docente di Sociologia generale alla Facoltà di Scienze Politiche. I saluti del Prof. Enrico Del Colle, Preside della Facoltà di Scienze Politiche, dell’Arch. Vincenzo Falasca, Assessore all’Urbanistica della Provincia di Teramo, e di Giustino Vallese, Presidente dell’Ordine Architetti, Pianificatori, Progettisti e Conservatori della Provincia di Teramo, hanno introdotto le relazioni della Dott.ssa Anna Piersanti, Dottorato di ricerca in Politiche sociali e sviluppo locale, dell’Arch. Raffaele di Marcello, Ordine Architetti, Pianificatori, Progettisti e Conservatori della Provincia di Teramo, del Dott. Giuliano Di Flavio del Servizio Urbanistico Provinciale e del Dott. Mauro Vanni, socio fondatore dell’Associazione Itaca – Idee e Progetti per lo Sviluppo Locale. Le diverse esposizioni hanno avuto per oggetto il turismo come strumento per la riqualificazione e la rigenerazione territoriale della nostra regione, operando soprattutto in quelle realtà dell’entroterra, sempre più spopolate, mediante la ri-scoperta delle antiche tradizioni economiche e culturali, artigianali ed enogastronomiche. Riqualificazione e ri-antropizzazione, dunque, le parole chiave, non prescindibili da quella di sostenibilità. Il futuro e la lungimiranza, pertanto, devono essere gli ingredienti per una proposta duratura e credibile nel tempo, affinché le risorse e il patrimonio naturalistico, ambientale e culturale possano divenire il volano per una migliore vivibilità del territorio, dove far dialogare il cittadino autoctono e il cittadino di passaggio, ossia il turista.
 

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