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I RICORDI

di Lino Manocchia

 

giulianovailbelvedere.it all'americana

 

Come a tener costantemente desto il suo amore per la terra d'origine (l'Abruzzo) e in specie per la città natia (Giulianova), Lino Manocchia risale, a distanza di qualche anno, sulla macchina del tempo e ci regala di nuovo le emozioni e il fascino di un nostalgico viaggio da Pescara a Giulianova. Il viaggio che lui ha vissuto in un'epoca più poetica, ai giorni nostri vista in bianco e nero e invece ricca di sentimenti a tinte forti, incontaminati, quelli che solo la gioventù sa provare nutrendo l'anima fino all'ultima stazione della vita. Essere abruzzese, essere giuliese è anche questo.

 

Dalla pineta del Vate alla sirena di Giulianova, itinerario del cuore

 

 

Il lungomare Matteotti di Pescara negli anni '60

(www.fotografieitalia.it )

 

 

 

New York, 18.7.2015 – Scendendo giù dai colli verdeggianti, sino alla moderna città, l’itinerario preferito dal turista e’ seguire il corso del Pescara che il poeta dei luoghi ha femminilizzato con l’immancabile spirito riformista.

Lungo il placido corso  qualche piccolo capanno e un “saliscendi”, avanzi  Michettiani e, perchè no?, dei greggi alla pastura.

Poi, piu’ in basso, esso si snoda viscido e noioso come una biscia e tutt’intorno reca ancora le tracce della guerra,vive, silenti,sulla terra nuda. Ecco le prime case dei sobborghi. Si specchiano nell’acqua limacciosa che le scuotono,le tagliano, che sembrano fanciulle sul verone d’un laghetto in subbuglio.

Poi la città del “Parrozzo”  e dell’Aurum. Case moderne, palazzo e palazzetti,strade ampie, asfaltate e per ovunque la rovina a soppiatto tra I tronconi degli stabili storpiati. Ecco l’ampio viale della corsa automobilistica; quella che si chiamava Coppa Acerbo e che non ha cambiato il nome perchè s’è esaurita. Ma i pescaresi ci  tengono a che essa ritorni rimbombante al pulsar dei motori. Ci tengono e capiscono che ad essa molto si deve dei progressi fatti  dalla citta’. Pescara viveva in questi giorni una vita di Harlem europea, piena di traffico e frastuono,ed ora bisogna che si ripeta…

Venendo giù dal corso della Libertà sino alla spiaggia si incontrano diecine di locali sorti alla moda. C’è vita qui a Pescara, spensierata, giuliva e un po’ burlesca come se la guerra coi suoi lutti si fosse avvicinata alle porte senza varcarle. Ed invece qui la guerra c’è ben stata. Ha frugato tra i cumuli capaci del caseggiato, ha picchiato dovunque con i suoi tonfi lugubri e tristi. Ma finchè c’è la vita e le orchestrine dei ritrovi più in voga disnoccolano ritmi e melodie  da ballare saltando ”l’amor non si affiacchisce”.

E il mare, e la pineta di don Gabriele, in cui il Vate rincorreva  come ossessionato la sua musa fraschetta e un po’ bizzarra .Sotto  questi suoi pini la Pescara maturò il suo figlio più capace e pur più strano, di qui sotto sgorgarono a catena le novelle più fresche e le più belle di Gabriele D’Annunzio.

La spiaggia di  Pescara: tante cabine, stabilimenti con a lato la foce del suo fiume ed il porto  provato dalle bombe. Si riempie dall’alba di bagnanti di ambo i sessi,tutti indaffarati  a brunirsi le cuoia sotto il caldo bacio del sole che s’è socializzato, dandosi un po’ a tutti.

Ma ora lasciamo il gran poeta insieme alla Pescara poichè la  Lancia verde-oliva di Pierino De Felice ci porta lungo il nastro stradale col suo pulsare rabbioso, come un cuore colto da stizza...

 

Montesilvano ci accoglie dolorante con le ferrite e appena di lontano appare Scerni. E’ messa lì, borgata di marina, quasi a far punto sulla strada asfaltata, e sembra un bel balocco di ceramica in riva al mare.

 

Ecco Silvi: Tre pini in riva al mare, un ciuffo di malerbe imbronciato alla sabbia dunosa e la pace d’attorno che e’ diffusa nell’alito di zeffiro.

 

E  poi Pineto ci rotola d’incontro, sgranata sul bel nastro dell’asfalto come un rosario. L’annuncia una staffetta un po’ antiquate, la Torre di Cerrano. La ferrovia gli passa d’accanto scuotendogli le antiche fondamenta.

Una bionda damigella con le trecce cadenti sino alla terra ci sorride scandendo un bel saluto: “Benvenuto a Pineto, la Torre di Cerrano ti saluta".

 

Qualche chilometro ancora ed ecco la  Rosburgo dei suoi duchi, oggi Roseto. Simpatica, pittoresca, agghindata come per festa. Villette tutte nitide e pulite, verande di glicini fioriti e sul mare la dolce euritmia della lirica bella.

A sera è mirabile la lega che associa insieme  i bagnanti e i locali. E’ un tacito accordo che regna a Roseto, Rosburgo dei fiori.

 

Giulianova, lassù ha la fronte luminosa

 

Giulianova anni '30: Piazza della Libertà, ex Piazza Vittorio Emanuele, con il  Belvedere

(www.giulianovaweb.it)

 

 

 

Ecco  il lento, secco Tordino, che apre la porta della Giulianova estiva. Qui, si narra, una bella sirena, principessa di regge marine, stanca alfine di cantare, si posasse giù, sulla riva, distendendo le sue belle membra al sole di agosto. Il suo corpo si sciolse in colori, in profumi ed in luci smaglianti, e fu lì che in corsa pazzesca  rotolarono le rosee  casupole della Giulianova ed il suo secolare Belvedere che osserva orgogliosamente il progresso sulla sponda dell’Adriatico.

Poi, narra la storia, dal mare, un corteo di bei pesci, rivestiti delle redingote, si recò sulla spiaggia dorata a portare l’estremo saluto alla bella dormiente.

 

Giulianova, lassù, ha la fronte luminosa. Il suo colle è tripudio di fiori e di verde. Sulla spiaggia il sole avvampa più forte. Qui l’anima è veramente presa da soave poesia. Odore di alghe e di salsedine, ritmi strani sgorgano dalle opaline equoree profondità e si compongono in sinfonie ineffabili che solo parlano alla più intima sensibilità dello spirito. Sul mare zaffiro spira lievemente trasportando la mente in sogni dorati mentre il brusio della folla si mescola allo sciacquio del verde Adriatico. C’è sulla spiaggia simile ad un quadro alchimista, la meticolosità del Michetti, la luce del Celommi, il futurismo intricato di De Pero. Più avanti lo stabilimento Venere, pieno, affollato, assolato, poi la Colonia della “noblesse dorée” ed infine la Colonia dei bimbi poveri.

A sinistra il Kursaal con il suo “Trenino di Santa Fè”. Il Nautico dalla forma di una tolda di nave, il Pellicano Giallo, il bar “A Marechiaro” ed infine il Lungomare, ben custodito.

 Sale l’onda della vita con tutti i suoi paramenti della ricercatezza dell’eleganza sotto forma di costumi ultimo grido, accappatoi, unghie colorate e cuffie di gomma. Sin dall’alba al tramonto rossastro le fanciulle brunite intrecciano ghirlande di boccioli belli e i ragazzi, gli eterni bambini di tutte le estate. costruiscono tanti castelli di sabbia inzuppata dove chiudono stretti i bei sogni dell’infanzia dorata. Come il castello di “Mille e una notte” come la torre dell’antica “Castrum”. Poi un calcio, e via tutto da capo.

 

da Giulianova Cartoline d'epoca (Di Pietro, facebook)

 

 

 

Il mio mulino a vento che stava “macinando” giorni, momenti, attimi di vita vissuta, tenta di cancellare il “sogno” di un vecchio nato in quella “Giglie” ch’ é lu chiù belle site...,  la perla dell’Abruzzo “che t’invita..,” come afferma la canzone tanto cara al coro della “maggiolata giuliese".

ll mio sogno d’un colpo diventa realtà. I luoghi dell’infanzia, la scuola, la maestra, lo zainetto di legno, portato a spalla,  che stringeva i libri ed i quaderni, le partitelle al calcio e gli amici, rimangono memorie che l’Uomo desidera rievocare, prima dell’arrivo del “Grande Giorno” fissato, per rivivere quei momenti cari trascorsi con papà , mamma ed i fratelli, ed i tanti amici d’infanzia e di scuola.  E’ allora che le figure di  Egidio Taffoni, Renato Campetti, Carluccio Marcozzi, Bruno Solipaca, Renato Lattanzi, e poi Ciprietti, Rossi, Paolini, Poliandri, Giancola, la Sabatini, la Caprioni, la Morganti e le Fratoni riaffiorano gradite, ciascuna con qualche  particolare umano. Alcuni hanno intrapreso il grande viaggio verso un altro pianeta, altri vivono ancora e sicuramente rievocano gli attimi più belli della loro esistenza.  Con essi in un libro, ingiallito dal tempo, che racchiude alcuni dei principali avvenimenti tracciati sulla carta dal cronista, si legge del porto di Giulianova degli anni  ‘40 ridotto a tronconi contro il cielo, dove ancorava un vecchio vaporetto, ed il saliscendi  gracchiava la sua quotidiana monotona sinfonia, raggranellando qualche pesce sperduto.

E la stazione ferroviaria, assetata di “restaurazione” e di abbellimento del  litorale ferroviario adriatico. Giorni impietosi, quelli, che lanciavano l’appello di uno sparuto gruppo di interessati a trasformare la vecchia Colonia “Rosa Maltoni Mussolini” in tubercolosario, difesa a spada tratta, sulla carta stampata, dal Sindaco Grue e dal cronista.

Uguale interesse sollevò l’aspirazione giustificata da antichi legami storici e da interessi  presenti e futuri, e presentata al Governo dall’ex sindaco di Giulianova Riccardo Cerulli, l’avvocato Giuseppe De Bartolomeis e il dott. De Martis, per una unione della ridente cittadina Cologna col Comune di Giulianova.

Grande risonanza ebbe la dichiarazione del Cerulli, il quale asseriva che Cologna fu terra di Giulianova, come veniva ricordata dagli storici Palma e Bindi.Tuttavia, malgrado il comitato Pro Unione costituito dal gruppo di Colognesi che raccolsero un grande margine di firme, la ventilata Unione non avvenne e trascorse tanto tempo prima che i ferri raffreddassero.

Ricordi, ricordi, ricordi che non possono finire nel nulla anche se il cronista attraversò' l’Atlantico tanti anni fa per descrivere, celebrare conoscere la storia dell’Uomo Colombo, che con la sua vita austera. col suo profilo aquilino, col suo forte corpo, con la sua formidabile volontà è la personificazione stessa del Sogno gigantesco, nelle di cui spire egli sembra sia stato trasportato sulle sponde del Nuovo Continente.

E’ facile dire America, ma difficile ad incontrarla, scoprirla, criticare ed amare. Lo confermano le migliaia di emigranti di ogni regione italica che della terra ospitale hanno fatto la loro seconda Patria, allevando altre generazioni che al termine di una giornata lavorativa, ritornano in famiglia che conserva ancora, a distanza di anni, la fede, l’affetto dell’Abruzzo, Sicilia, Campania,Toscana, ed altre regioni, siano essi ricchi, professionisti, lavoratori operanti nel grande calderone umano a stelle e strisce del Nuovo Continente.

Lino Manocchia

 

Nato a Giulianova il 20 febbraio del 1921. Nel corso della sua lunghissima carriera negli Usa, dove si è trasferito nel '50, ha incontrato ed intervistato i personaggi più famosi e potenti del mondo.

 

 
 
 
 
 
 
 
 

 

 
 

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