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di Ludovico Raimondi

 

Danilo Di Diodoro, psichiatra con il gusto pieno della vita

 

Bologna, Lunedì 31 Maggio 2010 - La premessa è d'obbligo: Danilo Di Diodoro è professionista e "mente" di elevato spessore, riconosciuti ad alti livelli e ben verificabili dal pur breve profilo biografico a lato. In questa intervista, tuttavia, non mi riesce di usare il "lei" protocollare. Non me lo consentono i tanti anni della fanciullezza e dell'adolescenza condivisi nel gioco e negli interessi, con Danilo "cucciolo" della compagnia, prima che ognuno prendesse la propria strada. E certi legami di amicizia restano solidi a dispetto della lontananza e della rarità delle occasioni di rivedersi.

 

-          Danilo, qual è il campo professionale in cui operi?

Divido la mia attività professionale tra l’interesse per la psichiatria e quella per l’Evidence Based Medicine (EBM), un settore della Medicina che si è sviluppato all’incirca negli ultimi 15 anni, a partire dai paesi anglosassoni e dal Canada, e che mira a far giungere alle persone, ad esempio, trattamenti per i quali ci siano specifiche prove di efficacia provenienti dalla ricerca. Purtroppo, anche se non molti lo sanno, una buona parte dei trattamenti che oggi  i pazienti ricevono non hanno alle spalle reali prove di efficacia, e in molti casi ci sono addirittura prove che possa trattarsi di cure inutili o perfino, in certi casi, dannose.

 

-               Hai avuto sempre chiaro il tuo percorso umano e professionale?

Assolutamente no, come dimostra il fatto che mi sono lasciato “attrarre” prima verso il giornalismo scientifico e poi verso le attività connesse all’EBM. In tutto questo probabilmente ha giocato anche un certo progressivo distacco emotivo dalla psichiatria, che è molto cambiata da quando la scelsi come mia specialità, alla fine degli anni Settanta. La psichiatria di quel periodo storico era molto orientata in senso psic, aveva uno spessore

Danilo Di Diodoro a 18 anni                        

 

culturale e sociale che poi si è andato progressivamente perdendo. E per dirla tutta, mi piace cambiare, sono attratto dal nuovo che si affaccia all’orizzonte. Quindi il mio è un percorso professionale un po’ tortuoso, ma forse anche per questo fecondo.

 

- Ti sentiresti di dare ragione a Saul Bellow, Nobel per la Letteratura, quando dice, nel suo “Il re della pioggia”, che “In un’epoca di pazzia, credersi immuni dalla pazzia è una forma di pazzia”?

Sono un appassionato lettore di Saul Bellow e quindi mi piace questa idea che si arrotola un po’ su se stessa. Come la frase che ho riportato nel format della mia posta elettronica, scritta da Emerson Pugh, che recita: “Se la mente umana fosse abbastanza semplice per poter essere capita, noi saremmo troppo semplici per capirla”. Tutto questo è abbastanza complicato e insensato, forse i pazzi siamo tu e io e non ce ne rendiamo conto…

 

-          La parte del giornalista che è in te può dire che l’informazione contribuisce alla nevrosi di massa, se si può parlare di una nevrosi di massa?

Se c’è una nevrosi di massa contemporanea, dal mio punto di vista, è quella della estrema consapevolezza su malattia e salute. E’ un tema che da molti anni ormai è in cima agli interessi delle persone, come sanno bene i giornalisti, ma anche i politici. Sulla qualità dei  servizi sanitari si giocano intere partite politiche, mentre i servizi, le pagine e gli inserti sulla salute sono tra i più letti su giornali e riviste. Temo che alcuni atteggiamenti in questo ambito possano essere considerati un tantino esagerati, generando più infelicità che salute. Peraltro si tratta di un fenomeno non esente da pressioni di marketing, ad esempio da parte dell’industria farmaceutica internazionale, che tenta ormai da anni di espandere il consumo di farmaci, anche attraverso strategie non sempre limpide, come quella che mira a “creare” nuove malattie, per aprire nuovi mercati. E spesso i medici e i giornalisti scientifici  sono complici più o meno inconsapevoli. Sto parlando di disturbi come la fobia sociale, il disturbo post-traumatico da stress, la calvizie o l’insonnia, che forse è esagerato voler identificare come malattie. Su questo punto, dentro di me,  il giornalista scientifico e il medico hanno una visione del tutto convergente. Credo quindi che le persone, medici compresi, dovrebbero imparare a rispettare la salute, ma senza bersi acriticamente tutto quello che raccontano l’industria farmaceutica, le televisioni e i giornali su nuove malattie e trattamenti più o meno miracolosi. Cerco di dare un mio contributo formativo e informativo su questi temi sul Blog Scire, il blog che scrivo per conto dell’Azienda Usl di Bologna sui temi riguardanti l’EBM e l’umanizzazione in Medicina, e che può essere visitato all’indirizzo http://www.scire-ausl.bo.it/ .

E’ riservato agli operatori sanitari, ma è scritto con un linguaggio comprensibile a tutti, quindi se qualche giuliese vorrà iscriversi ne sarò onorato.

 

-          In qualità di componente di un Comitato Etico-Scientifico, ruolo ricoperto nell’Azienda Usl di Bologna, quali sono a tuo avviso i passi più importanti compiuti dalla medicina? Ovvero, sono stati fatti più passi avanti nell’Etica rispetto alla Scienza, o viceversa?

Bella domanda. Sicuramente sono stati fatti passi più avanti nella parte per così dire “tecnologica” della Medicina, che sul versante dell’etica medica. Anzi, purtroppo sembra che i due settori procedano uno a scapito dell’altro. Più la formazione dei medici si fa tecnica, più sembra che si perdano di vista gli aspetti della relazione medico-paziente e quelli connessi all’etica. Non vorrei annoiare con temi troppo tecnici, ma uno dei compiti che svolgiamo nel Comitato Etico è quello di valutare la correttezza scientifica ed etica dei protocolli di ricerca, ad esempio, sui nuovi farmaci. In molti casi, questi protocolli sono impeccabili dal punto di vista formale e metodologico, ma sono palesemente carenti da quello etico. Si fa fatica a capire quale è il vantaggio potenziale per i pazienti che dovrebbero entrare in quella ricerca, mentre è evidente il vantaggio che ne avrebbe l’industria nel commercializzare quel farmaco. Invece sarebbe importante che fosse sempre in primo piano l’avanzamento che un nuovo farmaco offre in termini di miglioramento della qualità della vita dei malati.  Spesso così non è. E’ per questo che dico che avanza la tecnologia, ma non avanza l’etica.

 

-          Cosa c’è in te di  bolognese e cosa di giuliese?

Bene, ora mi rilasso un po’ con le domande personali. Dentro di me c’è un nocciolo profondo che è completamente e profondamente giuliese e che nessuno potrebbe mai rimuovere. Per dirla come la direbbe uno psichiatra, la mia identità più profonda è quella del giuliese doc. Quasi quaranta anni trascorsi un po’ a Milano e soprattutto a Bologna hanno aggiunto molti strati attorno a questo nocciolo. La parte professionale è praticamente tutta milanese e bolognese. Non so niente della Medicina e della Psichiatria giuliesi. Un po’ mi dispiace, certe volte mi piacerebbe poter mettere a disposizione di Giulianova l’esperienza fatta ad esempio nei servizi sanitari dell’Emilia-Romagna, ma non credo che sarà mai possibile.

 

-          E cosa è cambiato nella Bologna in cui vivi e nella Giulianova in cui torni?

A Bologna vivo nel centro storico, che dal punto di vista puramente esteriore è abbastanza immodificabile, essendo in gran parte di impianto medioevale. Ma la città è cambiata molto dai tempi dell’Università. Direi che si è molto assottigliato quel tessuto fatto di partecipazione, solidarietà, e impegno sociale che era una delle caratteristiche principali di Bologna. E naturalmente, come in tutte le città, c’è stato l’impatto con l’immigrazione dagli altri paesi, che ha portato nuove possibilità e arricchimenti, ma anche nuovi problemi.

Per quanto riguarda Giulianova per me tornare d’estate o durante le altre vacanze ha avuto per anni il significato profondo del ritorno ai luoghi dell’anima e della memoria. Poi, un po’ alla volta, soprattutto a partire dagli anni Ottanta, mi sono reso conto che Giulianova cambiava sotto i miei occhi, e che stava progressivamente perdendo il profilo umano, ambientale e urbanistico al quale ero abituato. Ma mi rendo conto che un paese deve necessariamente evolvere e aggiornarsi, e spero che Giulianova continuerà a farlo tenendo conto il più possibile del rispetto dell’ambiente, dello sviluppo culturale, della crescita dei valori umani e delle relazioni interpersonali, tutti elementi indispensabili per un vero benessere psicologico. Non sarà facile, non è facile neppure a Bologna. Viviamo in un’epoca e in una società nelle quali tende a prevalere l’idea dell’interesse economico.

 

-          Dopo questa intervista, da amico e da medico, mi consigli un appuntamento per una visita o una delle lunghe passeggiate in spiaggia che ci fanno ritrovare a volte in estate a Giulianova? O anche una di quelle sfide sulla terra rossa che hanno riempito le giornate della nostra adolescenza?

Nessun dubbio, ovviamente, a favore delle passeggiate e delle partite a tennis. Che camminare sia più divertente che andare dal medico è lampante, ma è anche benefico e terapeutico come hanno dimostrato molti studi scientifici. Ad esempio, aiuta a tenere controllata la pressione arteriosa, a ridurre il colesterolo e la glicemia. Chi vive a Giulianova ha la fortuna di avere a disposizione la migliore palestra del mondo: una lunga spiaggia e uno splendido lungomare dove camminare, camminare, camminare.

CHI E’ DANILO DI DIODORO

 

Danilo Di Diodoro è nato a Giulianova il 13 ottobre 1954, vivendo da piccolo, per molti anni, nella zona tra via Nazario Sauro e via Quarnaro, dove abitava con i genitori Mario e Lella e il fratello Sergio. Si è diplomato al liceo classico a Teramo, e si è laureato in Medicina e Chirurgia all’Università di Bologna, specializzandosi in psichiatria nella stessa Università, nel 1982.

Dopo una breve permanenza come psichiatra all’ospedale di Teramo, ha iniziato a lavorare in vari ospedali e servizi sanitari dell’Emilia-Romagna, tra cui l’Ospedale S. Orsola di Bologna. All’attività clinica di psichiatra ha presto associato quella di collaborazione con la Direzione generale e sanitaria dell’Azienda Usl di Bologna, diventando direttore,  per alcuni anni, del Servizio Comunicazione. Oggi è responsabile dell’Area Informazione scientifica applicata, nel settore Governo Clinico, ed è direttore dei corsi di formazione in Evidence Based Medicine. E’ stato direttore responsabile della rivista di medicina clinica Odv, Gli ospedali della Vita. Dal 2001 è coautore e coordinatore delle varie edizioni del glossario statistico-epidemiologico della versione italiana del sinossi di Evidence Based Medicine Clinical Evidence. Dal 2005 è membro del Comitato etico-scientifico dell’Azienda Usl di Bologna.

 

Iscritto all’Ordine dei giornalisti di Bologna dal 1988, svolge da molti anni una parallela attività di giornalismo scientifico e di collaborazione con varie case editrici (come Garzanti, Utet ed Einaudi) su temi riguardanti Medicina, sanità e salute. Per Einaudi ha collaborato alla stesura del Dizionario della Salute, curando molte delle voci riguardanti la psichiatria. Ha fatto parte della redazione del sito internet dell’Assessorato alla Sanità dell’Emilia-Romagna, e è stato redattore della newsletter on-line dello stesso Assessorato, di cui è stato uno dei curatori del progetto.

Collaboratore dell’Agenzia di giornalismo scientifico Zadig di Milano, ha scritto per le principali testate nazionali, compreso L’Espresso e Il Corriere della Sera, su temi riguardanti Medicina e Psichiatria. Attualmente scrive di Medicina sul sito de Il Corriere della Sera (http://www.corriere.it/ ). Nel 2008 ha fondato il primo blog italiano di Evidence Based Medicine, chiamato “Blog Scire”  http://www.scire-ausl.bo.it/ dedicato agli operatori sanitari, che pubblica Post collegati ad articoli di letteratura medica internazionale.

 

Sposato con una neurologa di nome Patrizia, ha una figlia di 15 anni che si chiama Bianca. D’estate passa diverse settimane a Giulianova, che è anche il punto di riferimento a Natale e a Pasqua, per ritrovarsi con parenti e amici.

Non ha mai smesso di praticare sport: il tennis che giocava già nei campi che c’erano nell’area vicino alla pista di pattinaggio, nell'ex Golf Bar; la vela, di cui seguì i primi corsi al Circolo nautico “Vincenzo Migliori” di Giulianova; lo sci, imparato ai Prati di Tivo, anche se adesso lo pratica soprattutto sulle Dolomiti.

 

 
 

  Testata giornalistica iscritta al n° 519 del 22/09/2004 del Registro della Stampa del tribunale di Teramo