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Numero 3 - Marzo
 
il profilo

 

Niko Gentile é nato a Giulianova trentacinque anni fa. Si è laureato in Ingegneria per l’Ambiente e il Territorio a L’Aquila nel 2010, l'anno successivo al terremoto. Partito subito dopo con una borsa di studio italiana per un periodo di soggiorno presso l’Universitá di Lund, Svezia, è rimasto nel paese scandinavo prima come dottorando e poi come docente e ricercatore. Lavora principalmente con due gruppi di ricerca dell’Università di Lund: l’"energy and building design" (dove qualche anno fa fu coniato il termine "casa passiva") e il gruppo di "psicologia ambientale", che é stato uno dei pionieri della psicologia ambientale negli anni '70.

Dal 2012 fa ricerca nel campo dell'integrazione tra luce naturale e luce artificiale. L'obiettivo principale è quello di ridurre i consumi energetici, ma intervengono anche altri aspetti come la qualità dell'illuminazione, l’interazione tra uomo e sistema di controllo dell'illuminazione e, soprattutto, gli effetti non-visivi dell'illuminazione, come l'impatto della luce su alcuni ormoni responsabili dei cicli sonno-veglia e sull'umore.

Durante l’attività a Lund ha partecipato a una serie di progetti di ricerca o di formazione internazionali, tra cui la costruzione di un laboratorio di ricerca a Maputo (Mozambico) e la creazione di un master in edifici ad alta efficienza in Bhutan.

Partecipa ad alcuni progetti a tema illuminotecnico sostenuti dall’Agenzia Internazionale dell’Energia, come il IEA SHC Task 50 e il IEA SHC Task 63. Ha co-prodotto il libro “Daylighting and lighting under a Nordic sky” ed è stato recentemente nominato per l’assegnazione del premio alla ricerca assegnato dalla Professional Lighting Design Convention.

Nel tempo libero pratica ciclismo e pesca sportiva.

 

(2017. Niko in cicloviaggio in Albania per un addio al celibato fuori dal comune insieme al fratello e a due cari amici)
 
 
Precedenti numeri
Patrizia Casaccia, prima della classe in Neurologia e Genetica
Armando Giannattasio tra i cristalli e le note di Shanghai
 
ATTUALITA'
giuliesi nel mondo 2020

 

di Ludovico Raimondi
 
Da Colleranesco a Malmö
Niko Gentile, ingegnere della luce al Parlamento di Svezia
 

(2019. Gentile in un recente intervento presso la China Academy of Building Research, a Pechino)

 
MARZO 2020 - Uno dei "figli" di cui Giulianova può essere molto fiera e menare vanto per il prestigio che porta alla sua immagine all'estero è Niko Gentile, giovane Ingegnere ambientale che lavora a Lund, in Svezia. Di recente il quotidiano "La Città" di Teramo ha riportato la notizia secondo la quale Gentile ha illustrato davanti al parlamento di Svezia il risultati dei suoi studi di ricercatore presso l'Università di Lund relativamente alla influenza dell'illuminazione, naturale e artificiale, sulla riduzione dei consumi e anche sui comportamenti umani, compresi dei bambini in età scolare.

L'ingegnere della luce, come è stato appropriatamente definito nell'articolo citato, ha avuto anche l'onore di essere stato nominato tra i finalisti del prestigioso premio internazionale Professional Lighting Designers Convention in quel di Rotterdam.

Gentile è, per dirla alla giuliese, "nu stit'", un astuto nell'accezione più positiva del termine "svelto". Un vulcano di idee e di azioni, quasi dotato di ubiquità, tanto che non è solo giuliese d'origine e svedese di adozione ma un vero cittadino del mondo per la capacità di trovarsi, per professione o per hobby e diletto, da un capo all'altro del pianeta con la velocità della...luce. Appunto. Conosciamolo meglio.

(2018. All’esterno della facoltá di ingegneria della Royal University of Bhutan a Phuentsholing. Niko con il gho, l’abito tradizionale del Bhutan che viene indossato da tutti gli impiegati pubblici)

Ingegnere della luce, perchè? Puoi spiegare i tuoi studi e la tua professione?

è una definizione che mi é stata assegnata recentemente e che ho molto apprezzato. L’illuminotecnica, cioè la branca della fisica tecnica che si occupa di illuminazione, è la disciplina nella quale faccio maggiormente ricerca ed insegnamento. è un campo interdisciplinare. Unisce l’ingegneria per la parte di misura tecnica, all’architettura per la parte di integrazione con la luce naturale, fino alla psicologia ambientale per valutare i fenomeni percettivi e l’interazione tra utente e sistema di illuminazione. Non di rado lavoro anche con dei medici per questioni legate ad alcune produzioni ormonali che vengono influenzate dalla luce. Dalle scuole elementari a Colleranesco alla Svezia, il passo è stato relativamente breve. Mi sono laureato in ingegneria ambientale a L’Aquila, studiando principalmente involucri edilizi ad alta efficienza. Una volta arrivato in nord Europa, ho iniziato a lavorare su un dopo progetto sulle cosiddette case passive e uno sul solare termico e fotovoltaico. Solo dopo un anno ho trovato la mia strada nel campo dell’illuminazione. Era il 2012. Studi a parte, ho avuto sempre in testa il pallino della sostenibilità. Ad esempio, anni fa, a Giulianova, ho fondato una piccola associazione di promozione sociale che si chiamava Ambientiamoci. Tra le altre cose, abbiamo organizzato per qualche anno “Ricordi in Soffitta”, i mercatini dei bambini durante Giulia Eventi. L’idea era che anche ciò che consideriamo vecchio e inutile può rappresentare una risorsa per tanti altri. Erano i primi vagiti dell’economia circolare, ma non lo sapevamo ancora.

Quanto influisce la luce sull’umore e sui comportamenti delle persone?

Tantissimo. Lo sapevamo in maniera aneddotica, ora lo sappiamo anche in maniera scientificamente rigorosa. Nel 2002 è stato scoperto un terzo fotorecettore nel nostro cervello, una cellula che non ci permette di vedere, come i coni e i bastoncelli, ma che risponde agli stimoli luminosi regolando la produzione di un ormone chiamato melatonina. La melatonina, a sua volta, regola il nostro ciclo sonno-veglia. Quando ci svegliamo, i livelli di melatonina sono minimi e la luce del giorno li mantiene bassi. Durante la sera riceviamo meno luce, il corpo produce più melatonina e questa contribuisce a darci la sensazione di sonnolenza. In pratica, lo stimolo luminoso funge da orologio per il nostro corpo. Un orologio che va a cicli di ventiquattro ore, chiamati cicli circadiani. La mancanza prolungata o l’eccesso di luce ci portano a sfasare il ciclo circadiano. Uno sfasamento prolungato porta a difficoltà a dormire e a malessere. In casi neanche troppo estremi, possono insorgere vere e proprie patologie, come depressione, SAD (Seasonal Affective Disorder, o disordine affettivo stagionale), aumento della pressione sanguigna. Per una produzione regolare di melatonina, la presenza di luce durante il giorno è importante almeno tanto quanto la sua assenza prima di andare a dormire. Per dormire bene, consiglio vivamente di non guardare schermi prima di andare a letto, questa é anche la regola con i miei figli.

Gentile al Lighting Research Center di Troy, New York. Gli occhiali a LED blu erano utilizzati in un test per riallineare le concentrazioni di melatonina così da allineare più velocemente il ciclo sonno-veglia al nuovo fuso orario

 

 

Vivi a Malmö, in Svezia, che non è proprio la patria del sole e della luce, provenendo da una cittadina di mare come Giulianova e da una esperienza in Mozambico. Realtà molto diverse. Cosa c’è dentro a tutto questo?

In Svezia sono arrivato quasi per caso. Ho avuto la possibilità di trascorrere un periodo post-laurea in un istituto estero ed ho scelto il gruppo di ricerca nel quale Bo Adamsson, nel 1988, ha coniato il termine “casa passiva”, vale a dire una casa così ben isolata che potrebbe essere riscaldata con il solo calore degli occupanti e degli elettrodomestici. Sarebbero dovuti essere dieci mesi di borsa di studio e non pensavo molto alla mancanza di luce. Ci penso molto di più adesso, dato che di mesi ne sono passati molti di più del previsto. Ci penso soprattutto dopo l’ultimo inverno orribile... A novembre abbiamo avuto dodici ore di sole durante tutto il mese, avevo le allucinazioni, mi apparivano in sogno le bionde campagne di Colleranesco... In Mozambico ero andato su missione della mia università per un progetto dell’agenzia per la cooperazione e lo sviluppo svedese. Abbiamo costruito un laboratorio per ricerca di base su sistemi solari termici e fotovoltaici per la locale università di Maputo, e abbiamo fatto del training ai docenti e studenti locali. Una bellissima esperienza formativa. è stato il mio ultimo lavoro non a tema illuminotecnico.

Sono stati importanti, dal punto di vista delle tue ricerche e dei tuoi studi, questi cambiamenti radicali di ambiente, cultura e sistemi sociali?

Sì, fondamentali. In contesti diversi sei costretto a porti domande diverse. E porsi domande é alla base della ricerca. Penso che un’esperienza all’estero sia fondamentale per qualsiasi ricercatore, di qualsiasi nazionalità. Magari, però, con la prospettiva di rientrare.

Hai contatti con Greta Thumberg, la nuova paladina dell'ambientalismo?

No, purtroppo non ho contatti con Greta. Per la mia storia educativa e professionale, sento la sua causa molto vicina. Mia moglie, che condivide laurea e principi con me, è un’attivista di Fridays for Future, il movimento pacifico nato a seguito degli scioperi di Greta...

(2019. Una manifestante di Fridays for Future, che passa sotto casa di Gentile a Malmö. Un cartello inneggiante a Greta Thunberg)

 

 

 

Cosa pensi del suo fenomeno e della sua battaglia per l’ambiente?

A questa giovane ragazza svedese va il merito di aver portato l’emergenza climatica sulle prime pagine dei giornali e dei massmedia mondiali. I cambiamenti climatici sono un problema serio, ma difficile da portare all’attenzione del pubblico per due meccanismi. Il primo è che il problema è poco tangibile: le conseguenze delle nostre azioni di oggi avranno effetto tra diversi anni. Un po’ come quando si dice che il consumo eccessivo di grassi incrementi le possibilità di infarto: siccome il feedback non è né immediato né certo - seppur estremamente probabile -, continuiamo a consumare cibi grassi con scarsa preoccupazione. Il secondo motivo è che le conseguenze sono così catastrofiche che tentiamo di autoconvincerci che il problema non esista o che non sia così grave. è un meccanismo normale, comprensibile, persino giustificabile. In tutta sincerità ci casco anch’io e me ne pento. A volte, addirittura, mi sento sollevato da responsabilità perchè in effetti il mio lavoro va nella direzione della sostenibilità ambientale. Ma nella vita di tutti i giorni non sono meglio di tanti altri. Ad esempio, se da un lato è vero che non ho una macchina e mi sposto con la mia famiglia in Christiania bike (la famosa bici danese col cassone anteriore), dall’altro viaggio per lavoro molto di più di altre persone e contribuisco alle emissioni da trasporti. Quest’ultimo è un tema in cui Greta è stata davvero in grado di cambiare le abitudini di tutti. In Svezia il fenomeno ha un nome e si chiama “flygskam” (vergogna di volare) e rappresenta il sentimento di vergogna che le persone provano quando scelgono di spostarsi in aereo (uno dei mezzi di trasporto più inquinanti) se non è necessario o se c’è un’alternativa valida. Il trasporto aereo ha subito un tracollo di passeggeri dall’inizio del flygskam, mentre le compagnie ferroviarie hanno avuto un incremento di passeggeri senza precedenti. Greta chiede azioni concrete ai tavoli politici, ma la verità, come il flygskam ci dimostra, è che tutti possiamo fare qualcosa contro il cambiamento climatico e non dobbiamo attendere lascivamente che siano gli altri a decidere per il nostro futuro. Greta è testarda e indifferente ai giudizi degli altri, nell’accezione più positiva dei termini. Una ragazza così poteva nascere solo in due posti al mondo: o in Svezia o in Abruzzo.

Quale sensazione ti ha dato l’illustrazione dei tuoi studi davanti al parlamento svedese?

Un architetto vede costruire la casa che ha progettato. Un contadino vede crescere ciò che ha piantato. Un medico vede la vita che ha salvato. Per un ricercatore è tutto più difficile; viviamo nel nostro mondo e spesso abbiamo la sensazione che quello che facciamo sia destinato a rimanere tra le pagine di qualche rivista scientifica. Invece, in quell’occasione, ho capito per la prima volta che il lavoro che faccio può davvero avere un impatto sulla società. In Svezia, nei prossimi 10 anni, dovranno essere costruite almeno 1000 nuove scuole. è un numero impressionante per una nazione con meno di 10 milioni di abitanti. Parlamentari in rappresentanza di (quasi) tutti gli schieramenti hanno voluto ascoltarci per uno scambio di idee su come progettare l’illuminazione in queste nuove scuole. Volevano essere pronti per quando ci sarebbe stato da votare i regolamenti edilizi per gli edifici scolastici. Non facevano parte di commissioni particolari o altro, erano solo interessati. E questo mi ha fatto immensamente piacere.

Ti balena l'idea di tornarci come parlamentare, un giorno?

Mi piacerebbe amministrare un giorno, ma non credo a quel livello.

Ti sei fatto, invece, un’idea della diversità tra la politica svedese e quella italiana?

Tra Svezia e Italia le differenze sono tante, perché le società sono diverse e l’azione politica, intesa come tecnica di governo della società, dev’essere per forza differente. Gli esempi sono tanti, e dopo tanti anni, un paio mi paiono più evidenti. Il primo è l’orizzonte della programmazione, sicuramente a più lungo termine in Svezia. Sebbene sia un vantaggio in condizioni di ordinaria amministrazione, la sensazione è quella che la Svezia sia meno in grado di fronteggiare situazioni di emergenza. Il secondo è la tendenza all’individualismo, che è più spiccata in Italia. Gli scandinavi, e gli svedesi in particolare, tendono a vedere il successo individuale come qualcosa di imbarazzante, quasi indegno. Il successo (ed il fallimento) sono del gruppo, mai del singolo. Questo ha una serie di implicazioni interessantissime a livello di struttura sociale. A livello politico, invece, la sensazione è che il mito dell’uomo forte faccia molta meno presa che in Italia. Questo si traduce in una retorica politica completamente diversa.

A proposito di Giulianova: con quale frequenza vi torni e in cosa la trovi uguale e diversa da come l’hai lasciata?

Di solito torno un paio di volte l’anno. Mia moglie è di Pescara e abbiamo due bimbi piccoli che crescono lontano dai nonni, quindi torniamo ogni volta che ne abbiamo la possibilità. Forse perchè torno spesso, Giulianova mi sembra sempre uguale. Magari cambia qualche locale, cambiano le persone, ma l’aria che si respira è la stessa. La sensazione, tuttavia, è sempre quella di una città fantastica dal gran potenziale inespresso. Spero di trovarla un giorno diversa, ma solo perché ha imparato a mostrare tutto il suo splendore.

Quali sono i ricordi della scuola e dell’adolescenza che ti accompagnano nella vita attuale?

Tantissimi, legati a diverse fasi della mia vita. Ad esempio la scuola di Colleranesco con Bruno Braca, il Maestro per eccellenza. Ecco, questo è decisamente diverso a Giulianova. Il maestro Bruno ci ha lasciato e la scuola di Colleranesco è lì, chiusa da così tanto tempo che faccio fatica a ricordare l’ultima volta che vi ho visto dei bambini uscire al suono della campanella. Poi c’è sicuramente la bella esperienza del Forum Giovanile, che aveva sede in piazza Buozzi. Era una fucina di idee e di eventi. Lo spazio di idee che occupava il Forum Giovanile è ora occupato da altre validissime iniziative, perchè la linfa vitale a Giulianova c’è sempre; ma rimane bello ricordare come quella bellissima cosa fosse stata promossa e sostenuta dall’Amministrazione comunale.

Cosa ti fa venire in mente la Cupola di San Flaviano?

Il parroco Don Domenico, senza dubbio. E di nuovo il Maestro Bruno che passa con Panda e megafono lungo il corso del paese. Perchè a Giulianova un prete e un esponente della sinistra radicale non solo potevano convivere, ma potevano essere entrambi, e in maniera complementare, maestri di vita. Una evocazione dei personaggi di Guareschi, Don Camillo e Peppone, per intenderci.

La tua carriera a chi e a cosa ti fa pensare?

A mio nonno Vittorio, un uomo straordinario, un autentico abruzzese forte e gentile, vissuto con orgoglio a Colleranesco. Ha lavorato per una vita come contadino. Ha avuto figli e nipoti emigranti, poi tornati per costruire qualcosa di buono a Giulianova. Non aveva un piano definito e non credo sia mai stato contento di vedere i suoi cari partire. Credo solo che ci abbia fatto capire, senza mai dirlo, che è giusto prendere coraggio e buttarsi in avventure nuove, fare qualche sacrificio in più per dare un futuro migliore a noi stessi, agli altri e alle generazioni future. D’altra parte è proprio quello che ha fatto lui, che di sacrifici ha vissuto.

In questo momento la domanda è d'obbligo: come sta vivendo la Svezia il problema del coronavirus?

Fino ad oggi, in Svezia, l'emergenza coronavirus è stata vissuta in maniera diametralmente opposta all'Italia. I giornali parlano poco, o non parlano affatto, del problema, a fronte di un caso registrato. L'agenzia per la salute pubblica svedese è stata criticata per questo atteggiamento di minimizzazione del problema. Le critiche, che sono state mosse da un infettologo dell'Università di Uppsala, non erano tanto riguardo la pericolosità del virus, quanto al fatto che una mancata informazione rischia di giocare a favore di un'eventuale diffusione incontrollata del virus in Svezia al momento del suo arrivo. La situazione è comunque in evoluzione, é l'atteggiamento delle diverse agenzie varia al variare delle notizie che provengono dal resto del mondo e d'Europa.

 
(foto poste a disposizione da Niko Gentile, che ringraziamo)
 

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