|
L'amico e collega
Lino Manocchia, che in America ha collaborato e
collabora con le più importanti testate, non
dimentica mai di tuffarsi nella realtà della
natia Giulianova dalla sua dimora di Cambridge,
in Usa, dove vive ormai da 60 anni. Manocchia
non dimentica le origini, i travagli, i momenti
più cari e meno cari di un tempo. Dai cassetti
inesauribili della sua memoria, ha estratto il
ricordo di una partita di calcio dell’ultimo
periodo bellico, giocata al Campo della Fiera,
oggi Rubens Fadini, in cui successe un
Ciaracià, espressione dialettale che indica
una baraonda, un putiferio. Con l’ausilio di una
foto dell’archivio di Mario Orsini
sull’atmosfera del Fadini di quei tempi, abbiamo
voluto proporre questo bellissimo aneddoto,
farcito del sentimento e della tenerezza che
accompagnano ogni scritto di Lino, al culmine
della settimana particolare contrassegnata dal
ciaracià provocato dagli ultras
giallorossi davanti alla villa del presidente
del Giulianova Dario D’Agostino. Le passioni
calcistiche hanno sempre provocato dei
ciaracià, ma quanta poesia e cuore
albergavano in quelli scatenati fino a una
ventina di anni fa, quando la violenza non era
per la violenza fine a se stessa. E volutamente
abbiamo mantenuto il bianco e nero... come
rivedendo un film neorealista. (dir)
Quando
a Giulianova
successe
il “Ciaracià”
di Lino
Manocchia
Usa, Sabato 20
Novembre 2010 -
Era l’estate del 1944.
La guerra era risalita a Nord, a Giulianova
c’erano le truppe alleate: polacchi,
sudafricani, inglesi. Al campo sportivo (oggi
Fadini) non si giocava piu’ a calcio da qualche
anno. Un giorno lo spettacolo riprese; e quel
giorno successe il “:ciaracià”. S’incontravano
le formazioni inglesi della Royal Air Force e
della Royal Navy. Il pubblico accorse, tra il
curioso e il divertito, e qualche furbetto
girava con un vassoio per raccogliere soldi, non
si seppe mai bene per chi.
Sul piu’ bello, le
squadre erano sul 2 a 2, un attaccante della
Navy tiro’ un cazzotto al terzino dell’Air Force.
In campo scoppio’ una rissa che in breve divenne
generale.
L’arbitro, che era il
direttore delle Poste di Giulianova, fece
spallucce e andò via. Una scena degna del
successivo (molto successivo) scambio di pugni
nei film di Bud Spencer! Gli spettatori inglesi
si divisero anch’essi in due gruppi, e così lo
scontro si trascinò oltre il campo di gioco. I
giuliesi, spettatori decisamente neutrali e
piuttosto ironici, non s’impicciavano, ma quando
due energumeni in divisa malmenarono un
innocente ragazzino, la rissa divenne totale,
con la partecipazione appassionata della meglio
gioventù. Si colpiva il primo che capitava a
tiro. Ad un certo momento un anziano gridò:
”Oh, ca mo faciome nu ciaracià”… E vai!
Sono sempre stato
attento ai termini più curiosi e divertenti del
dialetto, che a casa mia non potevamo usare per
via del fatto che mia madre fosse una
toscanaccia di Siena, e guai a sgarrare.
Così il termine
ciaracià mi resto’ inchiodato nella mente e
in seguito, a casa, mi sforzai di capire le
origini. Ci riuscii con l’ausilio di mio padre
Francesco, che aveva preso parte, come sergente
dei beraglieri, alla guerra italo-turca del
1911.
I nostri soldati
avevano occupato,la fascia costiera della Libia,
ma non potevano spingersi all’interno perche’
tribu’ di beduini molto bellicosi li assalivano
in furiose imboscate. Una di queste imboscate
avvenne all’oasi di Sciarat-Sciat.
I combattimenti furono
furiosi. La confusione era tale che l’anziano ex
combattente presente poi all’incontro di calcio
con scontro pugilistico tra soldati inglesi, se
la ritrovo’ nella mente davanti a quel picchia
picchia, e grido’: “Oh, ca mo faciome nu
ciaracià”.
E il “neologismo”
passo’. Cosi, per forza di cose. |