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I Ricordi di Lino Manocchia

Sfogliando la memoria tra le famiglie delle quattro ruote

 

Nino Farina, il “gentlemen  di Torino”

 

 

     

 

Nino Farina e Lino Manocchia

 

 

 

 

 

New York, 4.7.2012 – La scomparsa di Sergio Pininfarina, il  grande imprenditore torinese, padre dell’auto “made in Italy”, avvenuta avanti ieri, 2 luglio, all’età di 86 anni, fa sfogliare al vostro cronista alcune pagine dei ricordi che lo legano a Nino Farina, altro grande rappresentante del ceppo del grande designer automobilistico e di una tradizione prestigiosa nel mondo delle quattro ruote. Nota curiosa, il "Pinin" fu aggiunto al cognome “Farina” nel 1961, con decreto del presidente della Repubblica Giovanni Gronchi.

Ebbene, correva il mese di maggio del 1956, vigilia della mitica 500 miglia che  Indianapolis  allestisce  ogni anno. Chi scrive era presente per la Rai e Voice of America che chiedevano una intervista con un grande personaggio delle quattro ruote tricolori: Giuseppe Emilio ”Nino” Farina, il “Gentlemen di Torino”, che l’immortale Juan Manuel Fangio defini’ “delizioso e grazioso pilota, che spesso sapeva essere anche arrogante e riservato”.

Farina,  nato a Torino il  30 ottobre 1906,  viene ricordato principalmente per essere stato  nel 1950 il primo campione di F.1 moderna, noto alle cronache del tempo per alcuni comportamenti dentro e fuori  i circuiti.

Si ricorda, ad esempio, il vezzo di correre con un sigaro cubano fra le labbra, oltre alla sua grande passione per le donne. Nino esordi’ in Formula 1 nel primo Gran Prix della storia del mondiale sul circuito di Silverstone, riuscendo nell’impresa di partire in pole position, marcare il giro piu’ veloce in gara e aggiudicarsi la vittoria, al volante di una Alfa Romeo 158 della scuderia ufficiale: l’Alfa Romeo Spa.

Alla gara partecipo’ anche Fangio, costretto al ritiro al 62mo dei 70 giri.

Alcuni di questi dettagli me li forni’ lo stesso Farina, giunto a Indianapolis con la squisita consorte Elsa Giaretto, applicando altresi’ un propulsore Ferrari ad una ben conosciuta Kurtis Kraft, che cerco’ di illustrarmi mentre tutto intorno ferveva l’ansia  ed il clamore della grande gara dell’anno. “Le piace?”, mi chiese al termine della cordiale chiacchierata. “Certo che avro’ da sudare con tutti questi grandi assi in lizza, ma io so come sgattaiolare. La mia aspirazione e tentativi per conquistare la 500 miglia, vanno avanti dal 1951 e sempre rimandati ad altra data per le corse della Ferrari e dell’Alfa Romeo, poiche’ io ero in terza posizione della classifica, preceduto dal mio compagno di squadra Ascari e da Fangio”

Farina era venuto in America con l’intenzione di qualificarsi alla 500 miglia di Indianapolis, come detto, con una Kurtis Kraft  motorizzata  Ferrari, (nella foto) ma il tentativo fu vano poiche; in conclusione, non riusci’ ad  entrare nello schieramento dei partenti..

“E’ duro spuntarla in America”, disse scendendo dalla macchina,  "costruiscono dei mostri di potenza e velocita’, capaci di girare due giorni consecutivi senza soste”. Al che fece eco Fangio, in veste di spettatore: ”Giuseppe guida col diavolo alle spalle e gli angeli davanti alla macchina, ma stavolta ha fatto cilecca. Ha voluto sormontare la tradizione e la specializzazione degli americani,ignorando tanti giorni  di prove e controprove”. Il pilota, laureatosi all’Universita’ di Torino, e apostrofato  “Dottor" Giuseppe Farina, con aria rassegnata sentenziò: “Tra due anni ci rivedremo qui, allo speedway, parola di Nino”.

Ci interessava conoscere qualche dettaglio della dibattuta notizia del  ricorso  legale in Argentina   per un cambio gomme  contro Juan Manuel Fangio. "L’argentino", spiego’ Nino, "utilizzo’ cinque meccanici in occasione della manifestazione inaugurale, al posto dei tre regolamentari. E  la Ferrari, certa della vittoria, ordino’ di rallentare la marcia  (a Farina e Gonzales). II pronto reclamo di Maranello fu respinto sia dalla FIA che dagli  organizzatori, creando un pandemonio”.

Ma Farina, quando cominciò a praticare le auto e le corse?

“Avevo 16 anni, insieme a un mio zio Pinin andammo ad una corsa. Tre anni dopo salii su una macchina, ma la gara si concluse con un incidente, che fissava l’andamento che accompagnerà la mia  carriera ricca di incidenti e contrattempi”

Poi con un modesto sorriso ammise: ”Sono nato incline, atleticamente e accademicamente. Ero veloce, forte al calcio e nello sci. Durante  il servizio militare, divenni ufficiale della cavalleria e provai intense sensazioni, col maneggio dei  cavalli. Nel 1932 acquistai una Alfa Romeo  che prontamente schiacciai contro un albero, fratturandomi una spalla e tagliuzzandosi il volto. Riuscii a convincere Enzo Ferrari  di essere un buon pilota, fui  reclutato nella Scuderia Ferrari Alfa Romeo team e ben presto  divenni un grande amico di Tazio Nuvolari  che adoperò tutta la sua bravura per creare un altro asso del volante”.

Dopo uno sguardo amoroso alla consorte il campione spiegò: ”Ecco mia moglie, famosa, elegante stilista  nota col suo fashion emporium di Torino, ma lei non ha mai creduto nelle corse che definisce sciocche  e pericolose”. ”Vede, mio marito e’ un uomo di ferro, completo”, intervenne donna  Elsa, “ma io  continuerò ad impensierirmi ogni qualvolta  si accosta ad una vettura, poichè  so che egli vive per le corse e… ovviamente per me”, concluse  con un bel sorriso il magnifico prototipo femminile.

Il 30 giugno del 1966, a bordo della sua Lotus-Cortina, Farina si diresse verso Reim, per il Gran Prix francese. Attraversando le Alpi, nei pressi di Camberry, la sua auto sbandò ed il primo campione del mondo ci lasciò, senza applausi e fanfara.

 

Lino Manocchia

Lino Manocchia

Nato a Giulianova il 20 febbraio del 1921. Nel corso della sua lunghissima carriera negli Usa, dove si è trasferito nel '50, ha incontrato ed intervistato i personaggi più famosi e potenti del mondo.

 

 
 
 
 

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