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I Ricordi

di Lino Manocchia

 

Gita a Grossinger con Eddy Fisher e Paolo Rosi

 

Da sinistra, Paolo Rosi, Eddy Fisher, Lino Manocchia e Danny Coletti in occasione di una vista nell'"Oasi di pace" di Rocky Marciano

 

NEW YORK, 10.8.2014 – E’ proprio vero, una foto può raccontare notizie, curiosità, scoop e tante altre cose come questa, in apertura, che presenta ai nostri lettori una visita compiuta da persone interessanti del settore sportivo e del mondo di Hollywood all’immortale campione dei guantoni Rocky Marciano, nel rinomato “Grossinger Resort” sulle montagne del Catskill (N.Y.)

Purtroppo, quel giorno la “Roccia di Brockton” non era presente essendo andato in visita ai parenti in Florida, ma papà Pierino Marchegiano, “cultore” del ritrovo “Oasi di pace” – come lo definiva il campione – rese la visita ugualmente piacevole ed accogliente.

Ospite di Grossinger erano l’artista di Hollywood, Eddy  Fisher, ex marito della diva Elisabeth Taylor, il poderoso pugile Paolo Rosi, ed il milanese Danny Coletti, un degno pensionato del ring.

 

 

Tanto per far qualcosa, Pierino (nella foto con Manocchia) allestì, insieme all’assistente cuoco, un pranzo all’aperto durante il quale fornì una nutrita serie di informazioni sulla carriera del figlio campione.

Correva l’anno 1956. Eddy Fisher era in auge con l’orchestra di Buddy Morrow e il matrimonio con la favolosa Taylor lo vide apparire nei ritrovi più clamorosi immaginabili. Però il doppio gioco che Eddy tirò alla bellissima ex moglie Debby Reynold gli fece scemare la popolarità, seguita dalla decisione della nuova moglie la quale dichiarò che una buona parte del suo opulento avere era destinato, appunto, alla “tradita consorte”. Il cronista e l’amico Eddy spesso gustavano una buona pizza parlando dei piani futuri  dell’artista, ma  quando al “festino” appariva Liz, si scatenava una battaglia di commenti negativi della diva sulla pizza “che -sentenziava - in Italia non sanno fare”.

Entusiasta di essere venuto al “ritrovo” era Paolo Rosi, un coraggioso, provato  combattente del palco cordato. Nato a Rieti, figlio unico, trovò lavoro come  parrucchiere ma, non soddisfatto, entrò a far parte della fabbrica del padre, sino a quando nel 1950 infilò i guantoni e prese a picchiare gli avversari. Quindi  venne nel Bronx (NY), si sposò e diede via libera ad una serie di incontri con tenaci avversari, con i giornali e libri come “Box Ring” che si sbizzarrirono  a scrivere del “portento del ring“ che appariva al quinto posto nella categoria  mondiale per poi passare in terza piazza sino al giorno del suo ritiro.

L’amico Carmine Tarantino, manager di pugili italiani in America prima di rimpatriare, pensionato, nelle vicinanze di Napoli mi offrì un vasto, gradito quadro sul rendimento e validità dei suoi “poulain”.

Carmine iniziò così a descrivere il reatino: ”Paolo (Rosi) è stato uno dei più forti “mastini” della categoria Leggeri, aggressivo, solido, veloce. Il suo unico handicap era la fragilità delle sopracciglia che si tagliavano facilmente, tuttavia gli avversari saggiavano spesso il canovaccio”. Rosi ebbe l’occasione di conquistare il titolo, ma un giudice di ring glielo negò, con un ”errore  di calcolo”, contro il coriaceo Carlos Ortiz, il quale, amico di lunga data di Paolo, avrebbe confessato “di aver subito la forza e la tenacia dell’italiano che, sin dal primo attacco, mi confuse e mi tempestò di colpi”.

“Posso dire - conferma Tarantino - che il nome di Rosi al Madison Square Garden appare tra i più quotati pugili del tempo. Sono orgoglioso, altresì, di aver lanciato sulla piazza americana più di 20 validi pugili, vedi  il ”welter”  fabrianese  Italo Scortichini e il “medio” anconetano Armando Amanini, il sardo Massimo Sanna, un’altra mitragliatrice, Vito Antuofermo, e poi l’indimenticabile Livio Minelli, che ci ha lasciato una “eredità gloriosa”, con le sue performance (vedi Kid Gavilan), ed altri ancora che hanno dato prestigio alla boxe italiana  con i loro scontri mozzafiato”.

Paolo Rosi  ci lasciò il 20 febbraio 2004, otto giorni prima del suo 76mo compleanno.

Anche Coletti provò soddisfazione nel narrare alcuni particolari della sua dura guerra dei guantoni, dalla quale si ritirò con un palmares di 124 combattimenti sostenuti, metà dei quali vittoriosi.

Papà Pierino Marchegiano, ridente e soddisfatto, prima dei saluti disse: ”Rocky ha sempre pensato di “importare” qualche pugile italiano pesante per farlo combattere negli Usa ma è stato frenato dalla reticenza dei rispettivi  manager, i quali, si immagina, conoscevano la potenza di mio figlio. Che peccato !!!”

La visita si concluse all’insegna del buon umore, delle strette di mano e degli auguri.

Racconto di una giornata particolare a casa di Rocky Marciano. In assenza della "Roccia di Brockton", papà Pierino Marchegiano, “cultore” del ritrovo “Oasi di pace” – come lo definiva il campione – rese la visita ugualmente piacevole ed accogliente.

 
 

 

 
 

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