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L'angolo sportivo di Lino Manocchia

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Indianapolis, tris  di Franchitti...e “SuperMario” piange!

    

Indinapolis, 27.5.2012 - Indianapolis, il carnevale liberatorio di un’America Midwestern perbenista repressa per undici mesi dell’anno, sta per scatenarsi insieme al rombo della corsa di 33 macchine che si contendono nel Colosseo d’acciaio svariati milioni di dollari delle 200 mila e passa persone giunte da ovunque per il grande baccanale di  fine maggio.

Non intendiamo seguire le disgraziate azioni degli ospiti “semicivili,” che  per sette giorni,in anticipo  alla corsa,consumano barili di birra, vino e salsicciotti arrostiti, per finire in questura e restarvici spesso per azioni micidiali. Ventiquattro ore prima del via la cronaca registra un omicidio -con pistola- accaduto nel parco antistante la  pista, ed un attacco con arma silenziosa, da un altro lato, che ha impegnato la polizia della città dell’Indiana, mentre al centro la Indy “perbene” festeggia le squisite laureande ed I loro genitori.

Non e’ la prima volta che la Woodstock annuale della velocità regala avvenimenti simili, che  24 ore dopo l’evento sportivo passano nel dimenticatoio.

Restano semmai gli screzi, gli “strife” (conflitti)” creatisi tra I “potenti” della serie come il Presidente Randy Bernard,accusato di “relazioni” con alcuni patron, ed il deus ex macchina degli sponsor, come Roger Penske, che non si parlano da diversi mesi, e fanno parlare di una probabile “fuga” di Marco Andretti - figlio di Michael patron del team e nipote del grande Mario- verso la serie nemica-amica Nascar, la medesima serie (Sprint) che qualche mese fa ha accolto la “diva” dell’Arizona Danica Patrick  la quale sorride, ma versa anche  una lacrima per aver abbracciato una categoria a lei avversa per diversi motivi, forse piu’ proficua, ma meno esaltante  della Indycar.

 

LA CORSA

Intanto  i“mastini” di Chip Ganassi si mostrano decisi a far man bassa del trofeo e dei milioni.

Dopo una rievocazione del pilota deceduto lo scorso anno, Dan Weldon i  33 coraggiosi  (undici rookie)  si scagliano sulla pista della iconica cattedrale motoristica dell’Indiana. Manca soltanto la Patrick che, invece, appare fugacemente nei panni dello sponsor “Go Daddy”- in sede NASCAR- per reclamizzare i suoi prodotti.

Subito dona il brivido l’italo scozzese Dario Franchitti il quale rientrando al pit urta una gomma pronta per  il montaggio,  deve cambiare il “musetto”e perde  la prima posizione di comando,  rientrarando, in 22, piazza..

Dopo un breve “battibecco” tra Hinchcliff e Brisco (il  poleman), si nota la presenza di Marco Andretti in terza piazza e dopo 33   giri il figlio di Michael Andretti si issa al comando, facendo sorridere di soddisfazione  nonno Mario. Il primo a dare la stura ai colpi contro la protezione e’ Mike Conway che entra in testa coda urtando la parte interna della pista e quindi viene investito,a sua volta, dall’australiano Will Power che dopo l’urto vola in alto e ricade perpendicolo, cavandosela per rotto della cuffia.

Poco dopo e’ la volta della brasiliana, la magnifica Ana Beatrix che urta il muro  ma se la cava felicemente. Si marcia alla media di 220 miglia orarie.

 Con grande sorpresa si nota la presenza del giapponese (ex F.1.) Takuma Sato che ha trascorso diverso tempo  nel team di Kevin Kalkhoven, senza peraltro ottenere risultati eclatanti.

Orbene, a Indy Sato intende far valere la sua esperienza col team del mitico Bobby Rahal e ben presto spunta terzo  sulla scia di Franchitti e Dixon.

L’ultimo rifornimento sembra non gradito da Andretti. Rientrato 13mo col pieno, Marco e’ costretto a marciare  a passo ridotto e a 13 giri dalla bandierina a scacchi  tenta un sorpasso che finisce per mandarlo contro il muro.
Destino! Dal 1969 - quando il grande Mario vinse la sua prima Indy - nessun Andretti (padre Michael e figlio) sono riusciti a salire sul podio di Indy. ”Si, Destino - commenta SuperMario - ma a Indy si deve vincere, poiche’ il resto non conta, e se vinci una 500 miglia vivi il resto della tua vita da valido pensionato”. E il “piu’ grande tra i grandi” cela una furtiva lacrima, nascosta dagli occhiali affumicati.

In conclusione, a un giro dal gran gala’ finale, Ed Carpenter, figliastro di Tony George in fase di  sorpasso finisce contro il muro, salvandosi  per puro miracolo. L’ex pilota di F.1 Jean Alesi veniva fermato dopo poche passate, dal direttore di gara per “lentezza e pericolosita’ in pista”, ma il francese coraggiosamente commentava: ”Ci rivedremo nel 2013”.

E  Dario Franchitti porta a casa per la terza volta il mitico trofeo facendo sorridere di gioia il paffuto patron Cip Ganassi che conserva cosi’ la terza coppa di Franchitti, mentre osserva capitan Roger Penske afflitto per non aver potuto conquistare la sua  17ma Coppa della  carriera di Indy.

LINO MANOCCHIA

Classifica:Power 200,Castroneves164,Hinchcllife 164,Dixon 153,Hunter Ray 142,Franchitti 136, Paugenaud 136,Kanaan 113,Hildebrand 103

Lino Manocchia è nato a Giulianova il 20 febbraio del 1921, dagli anni '50 si è trasferito negli Usa. Il mondo dei motori ha rappresentato un punto di riferimento fondamentale della sua prestigiosa e lunga carriera di giornalista
 
 

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