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Attualità/Cultura

Radici dell'Artigianato Abruzzese

di Vito Giovannelli

   

La  sedia  di  San  Pietro

 

Pescara, 23 giugno 2012. Radici dell'Artigianato Abruzzese di Vito Giovannelli. Numero 3. La sedia di San Pietro: Si tratta di un manufatto arcaico costruito con tecniche rustiche e merceologia povera: legno di faggio e giunchi selvatici. I paradigmi dell’antica lavorazione sono ancora oggi rispettati. Il taglio del faggio viene fatto ancora a mano. La tradizione  artigianale resiste e si tramanda.

Certamente, il titolo di quest’intervento di Vito Giovannelli è provocatorio. La sedia trattata dal nostro collaboratore non è quella del primo Pontefice, attualmente custodita in Vaticano. Non ha nulla a che fare, infatti, con la cattedra pontificale.  La sedia trattata da Vito Giovannelli fa parte del nostro patrimonio d’arte folclorico ed è una delle più genuine espressioni delle lavorazioni artigianali abruzzesi.  Attualmente il fascino di quest’oggetto  sta proprio nella sua pregnanza costruttiva, trasmessa da uno sparuto gruppo di artigiani, che trova in questa lavorazione un’ espressione  di positivo significato manifatturiero. Oggi questi artigiani di Isola del Gran Sasso la consegnano inalterata alla nostra decifrazione. La sedia di San Pietro è certamente rozza nella sua struttura, ma dobbiamo proprio a questa lavorazione di stampo arcaico se essa sa trasmetterci ancora integralmente il fascino delle antiche  manualità delle nostre popolazioni (ndr).

 

Pescara, 23.6.2012 (Numero 3) - Il  design moderno promosso dalla Scandinavia ed allargatosi fino a raggiungere il resto del mondo non ha toccato le manifatture più genuine dell’artigianato abruzzese. Infatti, mentre altrove decollava la rivoluzione industriale e si passava all’impiego di macchine sofisticate, in Abruzzo si continuava a lavorare con l’ausilio di arnesi modesti e non elettrificati. E’ il caso della sedia prodotta nel teramano a San Pietro, frazione di Isola del Gran Sasso.

Si tratta di un manufatto arcaico costruito con tecniche rustiche e merceologia povera: legno di faggio e giunchi selvatici. I paradigmi dell’antica lavorazione sono ancora oggi rispettati. Il taglio del faggio viene fatto ancora a mano. La tradizione  artigianale resiste e si tramanda.

La sedia di San Pietro  si costruisce allo stesso modo, da tempo immemorabile, e dura a lungo per via del sapiente intreccio dei giunchi, per l’armonizzazione del sedile con la spalliera, per la buona curvatura dei montanti posteriori e per il ragionato taglio del legno, sezionato in modo che l’elasticità delle fibre riesca a mantenere intatta la flessibilità. La sua morfologia appartiene sicuramente all’arte popolare o meglio all’arte del popolo. Si presenta, infatti, come fenomeno estetico e come fatto essenzialmente etnico. In un mondo dalla tecnologia avanzata la realizzazione della sedia di San Pietro è singolare.

Sconvolgente per eleganza manifatturiera; sorprendente per tecnica di assemblaggio. Infatti, tutti gli elementi strutturali sono montati ad incastro. Niente collanti. Niente chiodi. Niente viti. Nessuna verniciatura. Nessuna decorazione cromatica. Solo un monogramma pirografato, inciso sulla spalliera, con le iniziali del nome e del cognome della proprietaria, onde evitare di confonderla con altre simili, se la sedia venisse casualmente lasciata in chiesa dopo le funzioni quaresimali o dopo i tridui invocanti la protezione del  Patrono.

So bene che la sedia di San Pietro di Isola del Gran Sasso non regge, per manifattura, i confronti con la sedia italiana di Chiavari, né con le altrettanto famose sedie austriache di Vienna o con le tedesche Bidermejer, tutte tornite con legni pregiati lucidati a specchio e con il sedile realizzato in nastrini di corteccia di canna d’India, materiale finissimo, ma costoso.

Chi ama l’artigianato semplice e genuino, però, riconosce che le valenze manifatturiere  della sedia di San Pietro sono di apprezzabile concezione, nonostante la merceologia sia modesta e la tecnica di  fabbricazione elementare.

  Vito Giovannelli

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