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I Ricordi di Lino Manocchia

Nel 171° Anniversario della nascita di un illustre Giuliese

RAFFAELLO PAGLIACCETTI : UN MONUMENTO GIULIESE DELL’ARTE

 

(lr) Il 31 Ottobre 1839 nacque a Giulianova Raffaello Pagliaccetti, uno dei grandi figli illustri della città, ed uno dei più grandi esponenti del verismo nella seconda metà dell’’800. A pochi giorni dal 171° anniversario dalla nascita, al nostro amico e collaboratore dagli Usa, Lino Manocchia, è  sembrata giusta l’occasione di ricordare il grande artista giuliese, di cui quest’anno è ricorso anche il 110° anniversario della morte, avvenuta l’8 maggio 1900. Ma soprattutto oggi è giusto ricordare Raffaello Pagliaccetti, perchè a Giulianova una serie di iniziative celebra il 150° anniversario dell’Unità d’Italia in coincidenza della giornata del 15 ottobre 1860  in cui sostò nella nostra città Vittorio Emanuele II, sulla strada per Teano, dove Garibaldi gli avrebbe “consegnato le chiavi” del neanato Paese unito. Di quello storico passaggio Pagliaccetti ha consegnato l’imperituro ricordo ai posteri con il monumento che domina Piazza della Libertà. Pagliaccetti raffigurò il primo Re d’Italia  con il cappello in mano in segno di saluto. Un gesto insolito per il protocollo di un sovrano, ma in quel caso lo scultore giuliese intese enfatizzare la riconoscenza e l’ammirazione di Vittorio Emanuele II nei confronti della marchesa di Obrocoff che lo ospitò nella villa acquaviviana de La Montagnola, tra Via Acquaviva e Via Amendola (Via per Mosciano). A quel passaggio, poi, è legato uno degli aneddotti indelebili nella storia giuliese: l’eccentrico e illuminato sindaco Francesco Ciaffardoni accolse il Re all’ingresso in città gridandogli “Maestà, Lei è un ladro”. Di fronte alla sorpresa di Vittorio Emanuele II e allo scatto d’allarme della sua scorta per tanta improntitudine, Ciaffardoni aggiunse: “…perché Sua Maestà ha rubato il cuore di tutti gli italiani”. E fu festa. Oggi, per i giuliesi, il monumento racchiude questo ed altro. Peccato che alla sua inaugurazione, il 24 agosto 1894, Pagliaccetti non fosse presente, in polemica con l’Amministrazione Comunale sulle dimensioni del basamento, per lui troppo piccolo.

Tutto il mondo è paese. Giulianova lo è stato sempre di più.

 

 

 

 

 

di Lino Manocchia

 

New York, Venerdì 15 Ottobre 2010 - Nell’ottobre del 1839, da Andrea e Chiara Trifoni, nasceva, a Giulianova, di umile famiglia, Raffaele Pagliaccetti. Quel giorno le comari ciarliere che sballottavano di bocca in bocca la lieta novella non immaginavano certo che quella data sarebbe restata memorabile. Ventiquattro anni dopo, un busto di Melchiorre Delfico donato dall’artista  all’Amministrazione Provinciale di Teramo,  recava la seguente iscrizione:”RAFFAELLO PAGLIACCETTI da Giulianova”

 Ed i giuliesi ogni anno, noi compresi, rinnovano  il voto solenne del cittadino giuliese, ricordando quest’uomo vivo nel nostro cuore, giovane come ieri. Perchè la cenere che riempie il suo tumulo, la polvere che ricopre le sue opere, gli anni e le vicende che si accalcano su di esse, non possono essere ruggine ma seme: cenere ch’e’ semenza di oggi e di domani, semenza imperitura, perche’ l’arte, se vera, e’ immortale.

Fanciulli, noi tutti abbiamo la nostra piccola mania:c’e’, per esempio, chi comincia col contare le scale dello stabile  e finisce per  fare il ragioniere, chi fa a sei anni il generale e finisce  magari caporale.

E per l’appunto a dieci anni Pagliaccetti plasmava la creta. Erano i primi esercizi, incomposti e recalcitranti, che davano pero’ la visione d’un vigore rudimentale ma netto e luminoso: la promessa immancabile, e Raffaello Pagliaccetti mantenne la sua appena decennale promessa.

Le amorevoli cure di donna Laura Bucci, valente pittrice del tempo che si occupò del giovinetto insieme al marito Flaviano, anch’egli artista, insegnarono a Pagliaccetti le prime nozioni di disegno, nozioni che approfondi’ quando in seguito nel 1850 precisamente, costei lo invio’ a studiare all’Accademia di Santa Lucia. Chiusasi questa nel 1859, egli torno’ a Giulianova e di qui’ nel 1861, a Firenze,dove comincio’ a studiare, in Via Leonardo da Vinci.

  LA PRIMA AFFERMAZIONE

La sua prima affermazione ,sempre nell’ambito regionale,tardo’ a venire, ma nel 1869  il dono del busto, come detto, di Melchiorre Delfico  lo fece conoscere in Abruzzo.

Attraverso di esso, anche fra tante ingenuita’ scolastiche, ci fu qualcuno che predisse gia’ la gloria e un futuro luminoso al Pagliaccetti.

Ed il suo e’ appunto uno stile sintetico, tratto dall’analisi elaborata dei maggiori  maestri, e riportato con una facilita’ ed efficacia tutta personale.

I suoi lavori hanno del Bartolini e del Vela la forza realistica e del Dupre’ la serenita’ spirituale. I suoi personaggi fanno tutti parte di un’umanita’ apertamente pronunciata; i suoi volti non nascondono dei segni del tempo e del dolore; ma la sua umanita’ e’ sopratutto pacata, franca, quasi coraggiosamente rassegnata senza spasimi o imprecazioni, senza brutismo o terribilita’.

GLORIA E POVERTA’

Fra la sua produzione migliore vanno ricordati:la statua di Pio IX (1877), fusa in bronzo, conservata a S.Maria Maggiore in Roma, il busto del generale  Moltke, in terracotta, che gli valse due medaglie d’oro, la statua di Rossini, in bronzo, ed il busto del medesimo in terracotta. Ed ancora  i busti di Garibaldi a Caprera, Galileo Galilei,  il Duca d’Aosta, e nel 1887 viene commissionato per un busto di Concezio Ciafardoni.

Oltre a questa sua produzione monumentale ,vanno citati i bozzetti,mirabili per valore  anche piu’ di molte altre sue opere.

Pagliaccetti fu colpito nell’anima e nel cuore dalle incomprensioni e polemiche di quei tempi.  In un suo manoscritto si notano i controsensi dell’allora Amministrazione Comunale, alla vigilia dell’inaugurazione del monumento a Vittorio Emanuele II, nell’agosto 1894, che era stato esposto a Firenze e riportato a Giulianova per volere dell’artista, il quale segui’ i lavori di costruzione del “basamento” della statua, oggi onore e vanto  di un grande giuliese. 

La sua arte non fu mai commerciale. Il suo animo fierissimo, sdegnoso, non gli permise di “abbassarsi” a modellare per vivere; il suo tocco mirava piu’ alla gloria che al pane. E infatti, come tutti gli artisti, si avviò alla morte, avvenuta l’8 maggio 1900, povero. Povero ma fiero, nella sua cameretta a pianterreno nella quale mangiava, dormiva e lavorava, assistito dalla sua premurosa consorte e dagli amici della sua Giulianova, fra i quali era tornato a vivere, sia per esigenze economiche che di salute ,come fanno i giganti della foresta,quando sentono arrivare la fine,come per un colpo di “stecca” dato sul cuore.

 E  fu l’unico sollievo che la vita concesse a quest’uomo che  studio’, imparo,’ lavoro’ e difese la sua arte, la sua creta, il suo gesso, la sua terracotta e il suo bronzo, spesso offesi dall’ignoranza di

molti concittadini che, strano a dirsi, continuano a non comprendere questa  icona  invidiata dal resto del mondo.

Lino Manocchia

Lino Manocchia è nato a Giulianova il 20 febbraio del 1921, primogenito del giornalista e scrittore, il Cav. Francesco Manocchia, e di Filomena Spadacci. Ha incontrato ed intervistato personaggi come: Frank Sinatra, Dean Martin, Perry Como, Rocky Marciano, Juan Manuel Fangio, Mario Andretti e tanti altri illustri. Durante il lavoro con Voice of America, Manocchia ha avuto modo di intervistare cinque Presidenti americani: Eisenhower, Kennedy, Johnson, Carter e Clinton.

 

 
 
 
 

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