SERIE B
Pescara in Paradiso,
Lanciano all'Inferno
Non c'è dubbio, dove c'è
Pescara c'è spettacolo.
L'1-1 al Provinciale di
Trapani, che ha
consacrato il vantaggio
del 2-0 acquisito
all'Adriatico Cornacchia
di domenica scorsa, ha
dato l'ultima spinta,
decisiva, verso la Serie
A del Delfino
esaltandone gioco e
carattere. Ed è stato un
verdetto quanto mai
meritato perchè anche
nella sofferenza in
trincea al cospetto di
un avversario favorito
dalla migliore posizione
in classifica e leonino
nell'orgoglio ferito
dalla gara di andata, il
Pescara ha confermato la
sua identità di squadra
di qualità, ammirata
durante l'esaltante
annata per l'idea e
l'espressione dei suoi
meccanismi
tecnico-tattici, per la
personalità e per quella
necessaria dose di sana
follia che Massimo Oddo
è riuscito a
trasmetterle. Già, Oddo
il predestinato ha
centrato la Serie A al
primo tentativo
completo, dopo
l'amarezza della caduta
sulla linea dello stesso
traguardo nello
spareggio di Bologna
dell'anno scorso ma con
il timone preso dalle
mani di Baroni proprio
in extremis.
Oggi, invece, a soli 39
anni Oddo
emula quattro grandi
maestri che hanno
firmato le precedenti
imprese della scalata
nella massima serie:
Giancarlo Cadè, Antonio
Angelillo, Giovanni
Galeone e, appena 4 anni
fa,
Zdeněk
Zeman.
Un bel biglietto da
visita per il figlio
d'arte di Francesco!...
Ma è chiaro che il credo
del trainer
pescarese è stato
realizzato grazie a un
solido concetto di
squadra nobilitato da
alcune individualità
destinate a scenari
nazionali ed europei, quali il
capocannoniere della cadetteria Lapadula,
Caprari, Verre,
Mandragora, il nazionale
albanese Memushaj, senza
far torto a tutti gli
altri protagonisti.
Ovvio che dietro tutto
questo c'è la longa mano della
società presieduta da
Daniele Sebastini la cui
programmazione porta a
frutti evidenti, a
nostro avviso così
compendiati: risultati
di grande prestigio in
campo, valorizzazione
delle "perle" più
preziose che fanno cassa
per rendere solido il
sodalizio e fucina di
ragazzi del settore
giovanile da far
crescere nelle altre
compagini abruzzesi di
Lega Pro e Serie D. E la
tifoseria "nu seme nu"
fa il resto.
Se dopo 4 anni a Pescara
è tornato il sole della
Serie A, a Lanciano
sono calate le tenebre
della retrocessione in
Lega Pro, sancita
soltanto formalmente
dalla sconfitta per 1-0
all'Arechi di Salerno
mercoledì sera ma, nei
fatti, maturata con
tante occasioni perdute,
in campo e fuori, nel
corso di una stagione
dannata. Il Lanciano,
virtualmente, si è
salvato in termini di
punti conquistati in
classifica, ma avrebbe
potuto farlo
direttamente anche negli
effetti, nonostante i
quattro punti di
penalizzazione per
irregolarità
amministrative. Pensate,
la Virtus si è giocata
malissimo gli ultimi due
jolly decisivi proprio
in casa sua, al Biondi,
dove ha pagato a caro
prezzo dapprima la
distrazione fatale del
pareggio dell'1-1
nell'ultimo secondo
dell'ultimo match
interno con la Ternana
(in soldoni due punti in
meno che, in caso di
vittoria già in tasca,
le avrebbero consentito
di evitare persino i
play out raggiungendo a quota
46 Latina e Pro
Vercelli, con il
vantaggio dei risultati
nella classifica
avulsa), e poi, sabato
scorso, la disastrosa
prestazione psicofisica
e tattica nell'incontro
di andata dello
spareggio play out con
la Salernitana (1-4).
Del resto, era
prevedibile che i
rossoneri, alla lunga,
arrivassero al rush
finale con le batterie
scariche sul piano
nervoso e atletico dopo
essere stati costretti
ad affrontare ogni
partita con il peso
dell'obbligo della
vittoria per
"ammortizzare"
l'handicap delle
penalizzazioni. A
consuntivo della
stagione, comunque, il
tecnico Maragliulo ha
toccato il vero nervo
scoperto della
situazione del Lanciano:
«Speriamo che la
famiglia Majo continui a
fare calcio». Già,
perchè, a dispetto di
tutti i suoi errori e
difetti e le crepe nel
rapporto con la
tifoseria, solo la
famiglia Majo, al
momento, sembra in grado
di poter ancora
assicurare un presente e
un futuro al calcio
frentano. Anche in Lega
Pro.
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