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Attualità/Cultura

Radici dell'Artigianato Abruzzese

di Vito Giovannelli

 

IL CALAMAIO DEI BANCHI DI SCUOLA

 

Radici dell'Artigianato Abruzzese di Vito Giovannelli - Pescara, 19.8.2012 (Numero 11) - Tra l’oggettistica popolare il calamaio privilegia aperture di elevato significato culturale. Ceramica e vetro, ma anche peltro e argento risultano i filoni materici che hanno consentito  una prospettiva di recupero della  merceologia impiegata, nonché la loro riconquista morfologica.Pescara, 19.8.2012 (Numero 11)* - Tra l’oggettistica popolare il calamaio privilegia aperture di elevato significato culturale. Ceramica e vetro, ma anche peltro e argento risultano i filoni materici che hanno consentito  una prospettiva di recupero della  merceologia impiegata, nonché la loro riconquista morfologica.

La statistica museale è limitata ai pezzi da scrittoio, con esemplari a volte firmati da grandi maestri. Nell’ambito della  ceramica relativa agli usi quotidiani, invece, il calamaio dei banchi di scuola dalle strutture  elementari, arcaiche, standardizzate non è mai stato preso in considerazione. Mai decifrato.

Insomma, era un contenitore di inchiostro povero nella morfologia e dozzinale nella manifattura,  ma, come oggetto fatto a mano, ha sempre posseduto, per me, un  livello di riconoscibilità.

Nel timore di non ricordarlo bene ho consultato diversi amici che, come me, si interessano di tra dizioni e di arte popolare abruzzese. Tra le persone interpellate cito l’ing. Francesco Giannini, di Chieti e il ceramista prof. Amato Bontempo, di Francavilla, i quali ricordano ancora bene il calamaio dei banchi di scuola e me lo hanno descritto proprio come lo ricordavo io.

Purtroppo, nelle collezioni pubbliche e private del tipico calamaio umbonato fissato con due viti ai banchi di legno, in dotazione alle scuole primarie e secondarie, mancano testimonianze iconografiche.

L’illustrazione allegata a queste note è frutto di una ricostruzione. Oltre alla forma  è stato rispettato e ripreso anche il tipo di smaltatura, che vira dal bianco al grigiastro, dal giallognolo al berettino slavato, con fiammature in ramina o in manganese.

Insomma si usavano, miscellandoli, avanzi di smalto di altre lavorazioni, per rendere meno costoso il calamaio destinato al banco scolastico.

Sotto il profilo produttivo erano calamai di ceramica invetriata in prima cottura e venivano commercializzati a dozzine.

Venivano commissionati, dai dirigenti delle scuole, spesso di proprietà  comunale  o provinciale, ai pignatari e agli stangatori locali e, a volte, anche ad artigiani con basso livello di specializzazione professionale.

Siccome  dovevano essere economici erano assenti le tematiche decorative che arricchiscono altre tipologie di ceramica abruzzese. I più raffinati avevano qualche  puntinatura ad occhio di dado o a grani di riso disposta sulla corona circolare di appoggio e fissaggio al banco.

I calamai del banco scolastico, infatti, appartengono a quelle lavorazioni dozzinali i cui pregi principali risiedono nella funzionalità e nella resistenza all’usura.

Nell’ambito  di corpose catalogazioni, diversi studiosi di ceramica hanno dedicato circostanziate riflessioni ai calamai da scrittoio. Al minuscolo calamaio dei banchi di scuola, invece, non è stato rivolto alcun interesse.

Tra i calamai da scrivania risultano studiati alcuni esemplari del tardo Cinquecento, di scuola urbinate; alcuni seicenteschi, prodotti a Faenza; alcuni settecenteschi, di Castelli e quelli foggiati tra Ottocento e Novecento dalle ditte del monregalese, delle quali resta memoria dei calamai prodotti dai fratelli Salvatore e Giovanni Battista Gabutti,  di Chiusa Pesio;  di quelli foggiati dalla ditta Felice Musso, di Villanova, di quelli di Giuseppe Besio, di Mondovì (cfr. Carlo Baggioli, La ceramica vecchia Mondovì , Torino, Omega Arte,1999)  e, infine,quelli foggiati a Pesaro da Marcella Melaroni (cfr. Leon Lorenzo Loreti, Igor Loreti, Ceramiche Artistiche Molaroni, Milano, Mariotti,1998, p.205) e  quelli foggiati a Grottaglie da  Domenico Caretta (cfr. Artigianato tra arte, funzione e desing, A I, N2, giugno 1991).

Un calamaio con la scena della natività si conserva a Napoli nel museo del duca di Martina.

Con la scoperta della penna stilografica diversi calamai di banco rimasero all’asciutto. Da quando nuove e avanzate tecnologie, grazie alla lungimiranza di un tecnico ungherese,  hanno fornito la biro, penna a  sfera, in cui il pennino è costituito da una pallina rotante inumidita di inchiostro pastoso, i calamai da banco scolastico non sono stati più foggiati. Di loro e della carta asciugante  presente  in tutti i quaderni di studenti e scolari si è persa  memoria.

  Vito Giovannelli / www.fondazione-vito-giovannelli.com
   
  * Nota del Direttore: Problemi tecnici non ci hanno consentito di essere puntuali con la pubblicazione dell'attuale numero nella giornata prevista di ieri, sabato. Ce ne scusiamo con i lettori

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