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Numero 11 - Agosto
 
il profilo
 

 

Stefano Di Bella è nato a Giulianova nel 1984 e dal 2016 vive a Trieste, dove lavora come medico infettivologo presso l’Ospedale Universitario. A Giulianova ha frequentato le scuole fino alla seconda superiore al Liceo Scientifico "M. Curie".

In seguito ha fatto un’esperienza di 3 anni alla Scuola Navale Militare “Morosini” di Venezia durante i quali ha potuto visitare vari Paesi del Mediterraneo e stringere importanti amicizie. Ha poi abbandonato l’ambiente militare per proseguire gli studi universitari da civile: si è laureato in Medicina e Chirurgia presso l’Università Campus Bio-Medico di Roma e si è specializzato in Malattie Infettive frequentando l’Istituto Nazionale per le Malattie Infettive “Lazzaro Spallanzani” nel 2014.

Da allora «ho avuto la fortuna», dice, di frequentare ambienti infettivologici internazionali in Spagna, Inghilterra, Australia e Stati Uniti.

A Trieste «la mia principale attività lavorativa - celia - si svolge nel cantiere dove sto sistemando, lentissimamente, una barca a vela. Nel resto del tempo faccio il medico».

 
 
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ATTUALITA'
giuliesi nel mondo 2020

 

di Ludovico Raimondi
 
Infettivologo a Trieste
Stefano Di Bella, il medico che afferra il Covid per il collo
 

 

 

AGOSTO 2020 - La rivista scientifica internazionale "Diabetes Metabilism Research and Review" ha pubblicato, alcune settimane fa, i risultati di uno studio secondo il quale i pazienti con il collo grande e taurino sono maggiormente soggetti al ricovero in terapia intensiva in caso di contagio da Covid.

Lo studio si deve a due medici giuliesi, l'infettivologo Stefano Di Bella e l'endocrinologo Paolo De Cristofaro, e la notizia, riportata a livello locale dal quotidiano "La Città" di Teramo, non poteva non destare interesse e curiosità anche al di fuori dell'ambiente medico.

Differentemente da De Cristofaro, il più giovane Di Bella, 36 anni, ha lasciato Giulianova: all'età di 15 anni si è trasferito, armi e bagagli, a Venezia per frequentare la Scuola Navale Militare, abbandonata dopo il diploma di maturità, e successivamente a Roma, dove si è laureato in Medicina e Chirurgia ed ha conseguito anche la specializzazione in Infettivologia all'Istituto "Spallanzani", considerato un vero tempio nel campo.

Sia come allievo militare sia come specialista infettivologo, Stefano ha avuto occasione di toccare vari Paesi volando da un continente all'altro e maturando esperienze, conoscenze e competenze che ne fanno un medico in carriera al quale uno spiccato senso dell'humor e il gusto pieno della vita consentono di affrontare le più svariate situazioni professionali e umane con ottimismo e positività.

 

 

(Stefano gioca con una scettica Asia, la sua indimenticata labrador)

 

- Stefano, puoi parlarci innanzitutto del progetto di studi che, condotto insieme al collega giuliese e nutrizionista Paolo De Cristofaro, ha portato alla conclusione secondo cui il Covid-19 colpisce chi ha il collo largo e taurino?

Certamente, l’idea dello studio è nata da discussioni con Paolo De Cristofaro che mi ha sempre fornito idee avanguardistiche in campo medico e che non sempre sono riuscito a concretizzare in studi/esperimenti (lo hanno fatto spesso altri qualche anno dopo). In questo caso, quello che abbiamo constatato è che i malati COVID-19 con collo più grande hanno più probabilità di finire intubati in terapia intensiva. Per ogni centimetro di circonferenza collo in più, a partire dai 40 cm, il rischio di essere intubati aumenta del 25%. Questo è vero anche nei soggetti non obesi.

- Secondo studi inglesi gli obesi, tuttavia, sarebbero maggiormente esposti al contagio. Vale solo per il Covid-19 o più in generale per le malattie infettive?

Ci sono malattie infettive per le quali l’essere obesi è protettivo in termini prognostici, come ad esempio la tubercolosi. Nel caso del COVID invece è verosimile che la quota di infiammazione aggiuntiva prodotta dal “sistema” adiposo incida negativamente sulla patogenesi della malattia.

- Stando ai progressi delle ricerche, come e quando si uscirà da questa pandemia?

 

Fare previsioni è difficile. Non mi stupirei se il virus diventasse “endemico” instaurando recrudescenze invernali annuali in maniera analoga a quanto vediamo per l’influenza. Ci mancano molti dettagli per asserire con forza quanto sopra. Ad esempio, non sappiamo quali potranno essere i “serbatoi” extra-umani in cui il virus potrebbe albergare attendendo il prossimo inverno.

 

(Tarantola affettuosa durante un viaggio in Centro America)

 

- Cosa intendi per serbatoi extra umani, che anche gli animali potrebbero essere portatori?

Non ci sono ancora dati forti sul potenziale di trasmissione animale-uomo, tuttavia gli studi dimostrano che diverse categorie animali risultano suscettibili al virus, tra questi anche i gatti. Bisognerà capire se e quanto questo impatterà sulla circolazione extra-umana del virus.

- Le esperienze allo “Spallanzani” e quelle all'estero cosa ti hanno insegnato, in generale e anche in relazione alla maniera di affrontare il coronavirus nelle rispettive realtà?

 

Finora siamo stati per lo più spettatori, trattando i pazienti con misure di supporto generale (ossigeno ad alti flussi, anticoagulanti a dosaggi elevati) piuttosto che con farmaci antivirali efficaci. In generale gli antivirali sono molto meno rapidi ed efficaci degli antibiotici per cui credo che la soluzione sia da ricercare altrove, vedremo gli avanzamenti delle sperimentazioni sui vaccini.

 

- Veniamo al tuo lavoro presso l’Ospedale Universitario di Trieste. Qual è il tuo ruolo?

 

Sono medico infettivologo universitario con mansioni sia cliniche che di ricerca. La mia attività principale al momento consiste nel fornire consulenze per i pazienti che sviluppano complicanze infettive durante la loro permanenza in ospedale.

- Ti senti medico da campo e da trincea, piuttosto che da ambulatorio o reparto? E nel caso, un infettivologo in particolare come considera il rischio di esposizione al contagio che ha colpito molti colleghi?

Sembrerà paradossale ma gli infettivologi non necessariamente sono a maggior rischio di contagio rispetto ad altri specialisti. E’ vero che sono più esposti, ma i reparti di malattie infettive dispongono di stanze singole a pressione negativa e il personale ha più dimestichezza con i dispositivi di protezione e con le misure di infection control. Ad esempio, in questa pandemia i geriatri sono stati colpiti con percentuali molto più alte di altri. In generale in Italia si contagia il 20% degli operatori sanitari.

- Perchè, dopo la Maturità, hai abbandonato l'Accademia Militare?

L’ambiente militare non faceva per me. Ho accumulato più punizioni che giorni dell’anno.

- Cosa sono la Medicina e la libertà per Stefano Di Bella?

 

Mi piace credere che la medicina sia più un’arte che non una scienza. La libertà per me è la barca a vela con piedi scalzi.

 

 

 

(Stefano in barca con la famiglia: mamma Graziella, le sorelle Cecilia e Carlotta e il papà "Pino". Sulla sinistra lo skipper Sinisa)

 

- Tuo padre Giuseppe, medico, ha avuto influenza sulla tua scelta professionale?

 

Ha provato fino all’ultimo a farmi fare l’oculista, come lui. Aveva ragione, non sarei stato costretto a studiare il collo nei COVID!

 

- Ma ha avuto influenza sulla tua pratica del tennis oppure ti hanno "contagiato" il richiamo triestino della vela e il fascino della Barcolana?

 

 

Ho preso una piccola barca a vela 2 anni fa con un amico. Abbiamo fatto in tempo a fare la 50^ Barcolana e poi abbiamo avuto l’idea di iniziare dei “lavoretti”, che non sono ancora finiti. Ogni volta che beviamo una birra con amici diciamo a tutti che sarà in acqua per la Barcolana di quest’anno, ma sono rimasti in pochi a crederci.

 

(Stefano e il suo amico di avventure velistiche alle prese con i lavori di preparazione della "famosa" barca)

 

 

 

 

- Cosa ci puoi svelare sull’utero nei dipinti di Leonardo e Michelangelo nella Cappella Sistina che, curiosamente, ti ha interessato?

 

La precisione dei dettagli anatomici dei dipinti di Leonardo e di Michelangelo ha un minimo comune denominatore: entrambi eseguivano dissezioni su animali e umani. Questo studio anatomico, unito alla loro bravura tecnica, li ha resi inarrivabili rispetto ad altri pittori del tempo. Michelangelo viveva grazie ai soldi di committenti ecclesiastici per cui non poteva essere troppo esplicito su come avviene la creazione dell’uomo. Nel dipinto “La creazione di Adamo”, il mantello del dio è, secondo me, un utero post-gravidico sezionato. In alto a destra l’indizio più importante: un “tubicino” sezionato.

 

- Quando torni a Giulianova qual è la prima cosa che ami fare?

 

Mi piace sfidare vecchietti a tennis.

 

- La domanda per tutti i Giuliesi nel mondo: se ti dico Cupola di San Flaviano, cosa ti viene in mente d’acchito?

 

Il catechismo e il bar. Nell’ordine inverso.

 
(foto poste a disposizione da Stefano Di Bella, che ringraziamo)
 

  Testata giornalistica iscritta al n° 519 del 22/09/2004 del Registro della Stampa del tribunale di Teramo