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Numero 14 - Settembre
 
il profilo
 

 

Davide Di Sciascio è nato a Giulianova nel 1981. Conclusi gli studi al Liceo Scientifico "M. Curie" nel 2000 si è trasferito a Roma dove ha frequentato l'Università Scienze della Comunicazione di Massa a "La Sapienza" mantenendosi agli sudi con un doppio lavoro prima di  iniziare quasi per caso l'avventura nella moda.

Nel 2002 il trasferimento a Milano come città-base dalla quale spiccare il volo in giro per il mondo fino al 2011. Un decennio durante il quale ha vissuto a Parigi, Londra, New York, Tokyo, Sao Paulo, lavorando per le più grandi case di moda (Gucci, Zegna, Dolce & Gabbana, Ferragamo, Dries Van Noten, Missoni, Comme Des Garçons, Bottega Veneta, Vivienne Westwood, Burberry, Jil Sander...) prima di sentire il bisogno di piantare le radici. A Milano ha incontrato Laura e Moreno, e con loro è iniziata l'altra avventura, quella musicale del gruppo Starcontrol. «Un sogno che ci ha portati a registrare tre dischi e a suonare su centinaia di palchi in giro per l’Italia e l’Europa, insieme ad alcuni dei miei artisti preferiti», racconta.

Milano e la moda gli hanno regalato anche l’incontro con Claudia, la moglie, conosciuta proprio mentre lavorava da Bottega Veneta. Nel 2014 il matrimonio e la scelta proprio di Giulianova per il “sì”. Poi sono arrivati Matia e Daniel, i loro meravigliosi bimbi di 5 e 3 anni.

 

 
 
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ATTUALITA'
giuliesi nel mondo 2020

 

di Ludovico Raimondi
 
Modello e musicista a Milano
 

Davide Di Sciascio, il bello della musica

 

 
SETTEMBRE 2020 - «Mi chiamo Davide, sono un papà, un musicista e un modello. Anzi, sono un papà che canta e paga i conti lavorando come modello». In questa emblematica descrizione di se stesso c'è Davide Di Sciascio, 39 anni, modello per professione e musicista per passione. O viceversa, forse fa lo stesso. In fin dei conti dalla intensa collaborazione con Gucci, Dolce & Gabbana e altri grandi brand internazionali della moda, alle serate e ai concerti con il gruppo Starcontrol le strade si sono intersecate spontaneamente.

Davide è un altro giuliese che, alla stregua di Vittoria Camarra, la modella alla quale la nostra rubrica ha dedicato il numero precedente, ha scelto di piantare le tende a Milano, la città della moda, ma, attenzione!, dopo una decina d'anni vissuti da globe trotter in Europa, in Usa, in Giappone, in Brasile e in giro per il pianeta.

Considerato dalle sue coetanee dell'adolescenza lu 'cchj' 'bbell' d' Giglj (il più bello di Giulianova), Davide è un giovane adulto o un adulto giovane che, nella maniera di esprimersi e di agire, è un prototipo delle nuove generazioni ma con un background di altri tempi. Per questo è capace di farti entrare nel suo mondo senza bisogno di suonare il campanello e di bussare alla sua porta. La lascia aperta. Del resto, dotato di una base culturale alimentata dagli studi universitari sulla comunicazione di massa, sa come trattare la realtà, non sempre facile, e le persone e i luoghi più disparati. E ora che, sposato e con due splendidi "eredi", la famiglia è il leit motiv della sua vita, appare anche uomo in grado di mettere al proprio posto le cose sostanziali e quelle (apparentemente) effimere. In un campo artistico bifrontale - la moda e la musica -, illuminato e spesso accecato dai riflettori, non è poi così scontato. Tutt'altro...

Davide, anche tu un giuliese a Milano, la città della moda. Com'è questa cosa?

Eh si, a Milano c’è una super comunità di giuliesi che cresce di anno in anno. Ho letto l'intervista a Vittoria Camarra sulla tua rubrica. Non conosco Vittoria personalmente, ma mi farebbe moltissimo piacere. Per quanto mi riguarda, Milano è stata una scelta facile e strana, perché all’inizio la detestavo, poi ho finito per innamorarmene perdutamente.

Con quale casa di moda hai lavorato di più?

Ti direi Dolce & Gabbana, Zegna e Gucci.
Dolce & Gabbana è il brand che mi “ha scoperto”, è stata la
mia prima sfilata importante a Milano
mille anni fa... Mi tremavano le gambe.
Pensa che uscivo in passerella dopo Naomi
Campbell. Avevo il poster di Naomi in cameretta e
mi ritrovavo a dividere lo stage con lei! Come dimenticarla?
É stata poi una collaborazione durata tantissimi anni, e
recentemente ho sfilato ancora per loro e mi hanno voluto
per la campagna pubblicitaria. Bello e strano vedere il mio
faccione con il loro logo sui cartelloni negli aeroporti o sui palazzoni dall’altra parte del mondo. Anche Gucci e Zegna sono due brand con i quali lavoro da anni. Non ho mai fatto la loro sfilata ufficiale, ma spesso ho preso parte alle presentazioni, trunk shows, cataloghi ecc…

Modello e musicista. Dopo le copertine, le passerelle, i servizi fotografici per le grandi “firme” delle moda, i concerti e le serate con la tua band. Quale delle due professioni ti ha regalato e ti regala le maggiori soddisfazioni?

Senza dubbio la musica. Il palco e la passerella hanno degli aspetti in comune, ma sono anche profondamente diversi. Ho sempre vissuto le sfilate come un momento piuttosto frastornante: si arriva molto in anticipo ed è da subito palpabile l’agitazione di tutti, dai truccatori/parrucchieri ai designer, che nei pochi minuti della sfilata presentano il loro lavoro di mesi. Tu senti tutto, sei in passerella per una manciata di secondi con musica a palla e luci puntate addosso. L’ho sempre vissuta come una sorta di trance, che svanisce in un attimo lasciandoti poco. Inoltre, diciamocelo chiaramente; me o un altro ragazzo, sulla passerella cambia poco. Sul palco invece è tutta un’altra storia: io ho sempre scritto per necessità, per difficoltà di esprimere in maniera diretta il mondo che ho dentro. Le mie pagine si sono trasformate in musica in seguito; la prima volta in cui ho urlato nel microfono i miei versi, davanti a dei perfetti sconosciuti che ballavano assieme a me, quella volta ho capito tutto, o quasi.

Il genere musicale che esegui? C’è stata una evoluzione di generi nel tempo?

Non amo molto la divisione della musica in generi, ma quello che facciamo si avvicina alla new wave e al post punk dei primi anni ‘80, con influenze di band come i Joy Division e i Cure. Certamente nel tempo ci siamo evoluti, maturando un linguaggio più “nostro”

La band Starcontrol in una foto del 2017

 

Ragazzo dai molteplici talenti artistici, vissuto in diverse metropoli all’estero, un po’ artista un po’ globe-trotter che sembra avere trovato l’approdo nella stabilità familiare. Cos’è per te il mondo, la ricerca di emozioni o di te stesso?

Il mondo è semplicemente la nostra casa. Da ragazzino, crescendo, mi accorgevo che il sogno di tanti era quello di studiare per trovarsi un lavoro quanto più vicino possibile a mammà, sposarsi e metter su famiglia con la dirimpettaia perche “mogli e buoi dei paesi tuoi” per poi magari fare ogni tanto una bella settimana di vacanza in un villaggio di qualche posto esotico. Per carità, questa può essere la perfetta idea di felicità per qualcuno, ma non l’ho mai sentita mia. Sentivo il bisogno di vedere cosa c’era fuori dalla nostra bolla, mettermi alla prova per conoscere davvero chi fossi. Ho vissuto davvero con pochi centesimi dall’altra parte del mondo, senza essere sicuro di dove sarei andato la settimana successiva; è stato duro e a tratti piuttosto solitario, ma è proprio lì che sento di essere cresciuto. Dopo qualche anno mi sono accorto però che non mi divertivo più, ero stanco di vivere con la valigia e avevo bisogno di un posto da chiamare “casa”. Era cominciata una nuova fase. Mi sono ritrovato ancora a Milano quasi per caso, ma stavolta me ne sono innamorato.

Ti definisci un “razzista” in campo musicale. Vale a dire?

Diciamo che detesto quando chiedo a qualcuno che musica ascolta, e mi sento rispondere “ah, io ascolto di tutto”, ancora peggio se è seguito da “tutto quello che passa alla radio”. Sono una persona piuttosto passionale, amo con passione e detesto con altrettanta passione. Amo certi suoni, la musica che definisco “vera”, quella che magari non ti prende al primo ascolto, ma che una volta entrata dentro non ti molla più. Diciamo che se ti emozioni ascoltando i Sigur Ros, non puoi essere un fan del reggaeton o della trap. Almeno non da sobrio

Modello è anche sinonimo di Adone. Ti sentivi tale ai tempi del liceo? Insomma, come diciamo noi a Giulianova, t’ la cr’d’v’, te la credevi, tra gli sguardi languidi delle liceali?

Bellissima domanda, haha! No, modello non è sempre sinonimo di Adone, anzi spesso è solo sinonimo di “i vestiti su di te cadono bene”. N’n m' la cr’dav' p’nnint' (non me la credevo per niente), anzi. Ho vissuto l’adolescenza con l’insicurezza di chi si faceva le 'vasche' al corso passeggiando velocemente, perché mi pesavano gli sguardi e pensavo sempre di avere qualcosa che non andasse. A Giulianova non ho mai riscosso questo gran successo; piacevano più quelli un po’ dannati. Tra l’altro ero innamorato pazzo di una ragazzina di Giulianova, che non mi ha mai filato. Non osavo nemmeno guardarla direttamente, figuriamoci chiederle di uscire. Un giorno un’amica in comune mi convinse a fare da tramite, disse “vedrai che vi metterete assieme”. La risposta fu “NO, e dij’ a quoss ca nn me ruppess chiu lu c@zz!” (NO e digli a quello lì che non mi rompesse più il... cavolo). Ah, la tenerezza che solo noi giuliesi sappiamo esprimere!

In una tua intervista di nove anni fa a L’Opininista sostenevi che "La moda è per me un’immensa fortuna, mi ha permesso di crescere. Tuttavia sento sempre di più l'inquietudine di lasciarmi alle spalle un palcoscenico che giudica solo in base all’esteriorità, senza chiedersi cosa dice o vuole il tuo cuore". Cos’è il “bello” per te, oggi, anche alla luce del caso, o casino, della modella armena Armine Harutyunyan?

Mi fai questa domanda in giorni nei quali si è discusso tantissimo dell’idea di bello e dei canoni estetici. Discussione anche un pochino stupida, a parer mio, perché nata appunto da una perfetta trappola mediatica nella quale puntualmente si è caduti. La moda, soprattutto quella più creativa, ha da sempre tra i suoi fini quello di proporci un diverso ideale di bello, in un certo senso virando la nostra attenzione e dicendoci “guarda in maniera differente, anche questo può essere bello”. Io ho iniziato a sfilare proprio quando Hedi Slimane da Dior cominciava a mandare in passerella ragazzi magrissimi ed efebici. Dapprima ne parlavano i telegiornali e sembrava una stranezza, mentre oggi questo è praticamente l’unico canone, senza che si scandalizzi nessuno. Per me la bellezza è tutt’altro che superficie, mi piace tantissimo quando hai bisogno di guardare qualcuno o qualcosa più di una volta, non soltanto con gli occhi, prima di accorgerti di quanto sia bello.

Quale personaggio vorresti essere, tra i tanti conosciuti nel mondo della moda e dello spettacolo?

Ti rispondo senza pensarci: Franco Battiato. L’ho conosciuto a pranzo, mentre stavamo scattando nello stesso studio. Una gentilezza e una bellezza d’animo, una luce davvero unica

 

Appari anche in una pubblicità della Barilla con Roger Federer...

Divertentissimo. Abbiamo girato per una settimana intera, in una splendida villa a Cassano d’Adda. Federer istrionico, simpaticissimo e disponibile. Il vero aneddoto, però, dietro la pubblicità nell’ultimo giorno di riprese, quando il regista e il direttore di produzione stavano per darsele di santa ragione, con tutto il cast sbalordito a guardare la scena.

 

Cinema e televisione no?...

Cinema e televisione ni. Ho un enorme rispetto per il cinema, non credo ci si possa improvvisare attori. Devi averlo dentro e devi educare l’eventuale talento con lo studio. La televisione è tanta, può essere bella o estremamente brutta. Mi piacerebbe molto provarci un giorno, ma nel modo giusto. Nel posto giusto.

Hai studiato Scienze della comunicazione di massa a La Sapienza di Roma. Insomma, conosci anche i trucchi del mestiere per cavartela bene davanti allo schermo, oltre che sulle passerelle e nei servizi fotografici...

Esattamente. Tra l’altro ho avuto Maurizio Costanzo come professore. Le sue lezioni erano stupende. Non immagini la cultura che ha, il modo meraviglioso con il quale stimola l’interesse negli studenti. Mille volte ci parlava della TV bella, quella che spesso storicamente non ha funzionato perché poco popolare, poco trash. Mi viene in mente una bella citazione della serie “Boris” che esprime perfettamente il concetto: “alla gente piace la m...”. Quando studiavo a Roma sognavo di diventare uno scrittore di programmi TV alternativi. E invece...

Quali sono i tuoi passatempi?

I passatempi li avevo prima, ora con due 'pesti' in giro per casa il tempo non è mai abbastanza, ci pensano loro a farmelo passare. In verità sarebbero i dischi, i libri e i film. E disegnare. Sono sempre stato ossessionato dal disegno. Ultimamente sto cercando di imparare a tatuare. Un’arte meravigliosa, che mi ha sempre affascinato. Un’arte assolutamente permanente, ma allo stesso tempo legata alla brevità della vita.

Torni spesso a Giulianova? Com’è oggi e com’era prima del tuo trasferimento a Milano e in giro per il mondo?

Non torno spesso quanto vorrei ed ogni volta partire è più dura. I miei genitori vorrebbero tanto passare più tempo con i nipotini, ma i chilometri sono tanti e non è sempre facile muovere tutta la famiglia. Sotto certi aspetti Giulianova è diventata più bella, ma allo stesso tempo è peggiorata. Di anno in anno mi sono accorto di quanto si svuotassero le strade, chiudessero i negozi, si soffocassero i tentativi di portare vita. Basta guardare il corso. A 16 anni, uscivi sabato pomeriggio e facevi fatica a camminare per quanta gente c’era in giro. Oggi è spesso deserto.

La domanda per tutti i Giuliesi nel mondo: se ti dico Cupola di San Flaviano, cosa ti viene in mente d’acchito?

Mio nonno. Mi viene in mente mio nonno.

 
(foto poste a disposizione e autorizzate da Davide Di Sciascio, che ringraziamo)
 

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