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Numero 10 - Luglio
 
il profilo

 

 

Claudia Marà è nata a Giulianova il 28 maggio 1989. Dopo aver studiato al liceo Marie Curie, inizia la sua esperienza universitaria presso la facoltà di Scienze Internazionali e Diplomatiche a Forlì (Università di Bologna), cittadina romagnola dalla quale si assenterà spesso per periodi all’estero per ragioni di studio, ricerca e prime esperienze lavorative.

 

Durante il secondo anno di triennale, Claudia trascorre 7 mesi in Erasmus a SciencesPo a Grenoble, in Francia, e l’estate successiva parte alla volta del Marocco per lavorare come stagista presso Transparency International Morocco.

 

Iniziata la specialistica nello stesso ramo di studi, Claudia parte alla volta di Seattle (USA) per un anno di scambio presso la University of Washington. Nello ‘Smeraldo’ del North West Pacific, Claudia muove i primi passi nel settore dell’immigrazione e dell’asilo, lavorando come assistente presso l’International Rescue Committee e il East African Community Services.

 

Poco dopo il rientro in Italia, Claudia parte di nuovo alla volta del Galles per un periodo di ricerca tesi presso il Centre for Crime, Law and Justice della University of Cardiff. Tornata a Bologna e conseguita la laurea all’inizio del 2014, Claudia inizia a lavorare come project assistant per un’impresa sociale bolognese che si occupa di progetti di integrazione e accoglienza di migranti e richiedenti asilo. Nello stesso periodo, lavora nei week-end come ricercatrice per Transparency International Italia su un progetto europeo di analisi delle politiche legate alla confisca dei beni della criminalità organizzata.

 

Con l’inizio della grande ondata migratoria del 2014-2015, l’impegno di Claudia all’interno della cooperativa bolognese si declina su diversi fronti: dalla scrittura e gestione di progetti Europei per i migranti, al lavoro di assistenza legale nelle strutture di accoglienza in collaborazione con la Prefettura, al lavoro di advocacy a livello europeo a partire dal marzo 2015.

 

Nel marzo 2015, infatti, Claudia si trasferisce a Bruxelles per coordinare l’ufficio europeo della cooperativa. In quello stesso anno viene eletta membro del direttivo (board member) dello European Network Against Racism (ENAR), presso il quale rappresenta la sua organizzazione.

 

Dopo quattro intensi anni nel settore, Claudia torna in Italia e frequenta un Advanced Master in Politiche Sociali e di Welfare al Collegio Carlo Alberto a Torino e nell’ottobre 2019 torna in Belgio per lavorare come ricercatrice dottorale all’Università di Leuven nel team di ricerca del progetto ResPecTMe, commissionato dalla Commissione Europea, sulla precarietà lavorativa.

 
 
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ATTUALITA'

giuliesi nel mondo 2021

 

di Ludovico Raimondi

 

Ricercatrice dottorale in Belgio

 

 

 

Claudia Marà, paladina della giustizia sociale

 

 

 

 

 

 

 

Claudia durante una conferenza su femminismo e anti-razzismo organizzata da ENAR in Portogallo

 

LUGLIO 2021 - Due giovani sorelle capaci di affermarsi ad alto livello all'estero nelle proprie professioni non è storia di tutti i giorni. Lo è nel caso delle giuliesi Claudia e Flavia Marà. Nel numero precedente della nostra rubrica abbiamo conosciuto Flavia, esperta in relazioni internazionali a Colonia, in Germania, nel numero di oggi i fari si accendono su Claudia, 32 anni, di 5 più grande della sorella "tedesca".

 

Claudia vive in Belgio, a Bruxelles, l'ombelico dell'Unione Europea e di un Paese in cui la presenza italiana è da sempre considerevole, e lavora come Ricercatrice dottorale all’Università di Leuven nel team di ricerca del progetto ResPecTMe, commissionato dalla Commissione Europea, sulla precarietà lavorativa.

 

Uno dei grandi temi o problemi sociali della nostra epoca, ma non il solo in cui Claudia ha dato e continua a dare tutta se stessa con l'ardore e la passione di chi sente dentro la sua missione ideale e politica. Nella graduale e già vasta esperienza formativa e lavorativa in Usa, in Marocco e in altre parti del mondo, infatti, Claudia si è occupata, via via, di corruzione e criminalità organizzata, di migrazione e di lotta alle discriminazioni.

 

Un filo rosso, la sensibilità e l'impegno civile, che la lega alla sorella Flavia e che ha chiare matrici familiari, nei valori trasmessi dai genitori Gaetano e Lucia, naturalmente orgogliosi delle loro figlie nonostante il prezzo pagato alla lontananza.

 

 

 

Claudia (prima a destra) con il suo team di ricerca ResPecTMe presso l’Università di Leuven

 

 

Claudia, qual è il tuo lavoro?

 

Partirei magari dal mio lavoro attuale, perché, come tante e tanti della mia generazione, di lavori ne ho fatti un bel po’. Attualmente, sono ricercatrice dottorale all’Università di Leuven (Katholieke Universiteit Leuven), in Belgio: lavoro su un grande progetto di ricerca finanziato dalla Commissione Europea, sul tema del lavoro precario e non remunerato. Il progetto si chiama RePecTMe, e, come dice appunto il titolo, il nostro obiettivo ultimo è quello di rendere il rispetto dovuto a lavoratrici e lavoratori, rendendo misurabile (e quindi migliorabile) le forme di lavoro non remunerato che stanno diventando sempre più comuni nel modo di lavorare oggi. Lavoro in un team di nove ricercatrici e ricercatori, e all’interno del progetto, io mi occupo di Italia, Francia e Belgio francofono. Al momento, il mio focus di ricerca più specifico è quello delle forme di organizzazione e sindacalizzazione (o assenza di esse) nel lavoro di piattaforma, che spazia dalle/i rider al lavoro creativo che passa su siti come Upwork, Addlance, etc.

Ma questo è solo l’ultimo dei miei lavori. In passato mi sono occupata di migrazione e lotta alle discriminazioni, e ancora prima, di corruzione e criminalità organizzata, ma se vuoi possiamo parlarne più avanti…

 

Relazioni Internazionali e Diplomatiche la tua specializzazione. Culli un sogno nel cassetto di carriera diplomatica?

 

Assolutamente no. Forse l’idea della carriera diplomatica mi solleticava vagamente quando ero al liceo (ma ripeto, vagamente), ma già dai primi anni di università mi sono resa conto che la diplomazia era quanto di più distante dal mio modo di essere: estremamente – e anche ridicolmente, aggiungerei – gerarchica, fortemente maschile e maschilista, e soprattutto sempre sottomessa al governo di turno. E quando io ho iniziato l’università, il governo di turno era Berlusconi che piantava le tende simil-beduine a Roma per accogliere Gheddafi, con il quale in quell’occasione avrebbe rinnovato accordi che hanno portato alla morte di migliaia di esseri umani, quindi…

Rettificherei anche in merito alla mia specializzazione: ho effettivamente studiato Relazioni Internazionali sia in triennale che in specialistica, ma iniziando a lavorare mi sono progressivamente specializzata sempre di più sulle politiche pubbliche in ambito sociale, del mercato del lavoro, e nell’immigrazione.

 

Appunto, l'immigrazione, uno dei grandi temi, se non Il Tema, della nostra epoca. Come si presenta e si evolve la situazione secondo la tua esperienza?

 

Mi sono occupata per più di quattro anni di immigrazione. E mi sono sempre sentita un po’ una privilegiata per il tempismo (non mio merito, eh, puro caso): ho iniziato a lavorare per un’impresa sociale bolognese che si occupava di servizi per i/le migranti all’inizio del 2014, prima ancora di laurearmi, e questo ha coinciso con l’inizio della grande stagione migratoria a livello europeo. Ho un ricordo vivido di quegli inizi: una sera del luglio 2014, una chiamata del mio capo alle 11 di sera, che mi chiede di andare a dar loro una mano il giorno dopo (sarebbe stato un sabato) per sistemare il vecchio CIE di Bologna, che doveva essere riaperto in via eccezionale per accogliere i primi autobus di migranti provenienti da Lampedusa. Da quell’estate, io ho fatto un po’ il ‘jolly’ all’interno dell’impresa sociale: sebbene il mio ruolo primario fosse quello di scrittura e management di progetti europei (i famosi fondi europei per l’immigrazione), venivo spessa chiamata a coprire turni nelle strutture di accoglienze e, per alcuni mesi, anche a far da supporto nel servizio legale ai migranti (previa formazione, ovviamente).

 

E Bruxelles? E' stata un’occasione o una scelta?

 

E' stato più che altro un vero e proprio trasferimento dall’impresa madre. Nel marzo del 2015, il mio capo mi chiese di venire a gestire l’ufficio-antenna qui a Bruxelles. Le cose si stavano muovendo velocemente qui a livello europeo, quindi avere un ‘networking/advocacy officer’ diventava strategico per noi.

 

Bruxelles è città cosmopolita e caleidoscopica, nel senso che la descrivono come sbarazzina da una parte e pensante dall’altra. Tu come la vedi e come la vivi?

 

Allora. La Bruxelles che ho conosciuto nei miei inizi qui non mi piaceva affatto. Lavoravo nel famoso quartiere europeo e (quasi) tutto e tutte/i attorno a me mi sembrava asfittico: sì, gente che parla tutte le lingue e viene da posti diversi, ma totalmente scollati dalla realtà della città. Poi, a un certo punto mi sono detta: Claudia, sei sola, fai quello che hai sempre fatto nelle città in cui hai vissuto: cerca la politica. E così, ho iniziato a frequentare la sezione di Sinistra Italiana Bruxelles, di cui sono poi entrata nel coordinamento per qualche anno, e soprattutto il gruppo di Antifascisti Bruxelles, dove ho conosciuto alcuni dei miei migliori amici e compagni attuali. Insomma, l’attivismo politico mi ha salvato e mi ha fatto conoscere una città particolare, difficile per certi versi ma, dall’altra, avanti anni luce rispetto anche alle città più all’avanguardia in Italia.

 

 

 

Claudia a una grande manifestazione contro la militarizzazione del Mediterraneo a Bruxelles, inverno 2016

 

 

In che cosa si avverte, nella vita normale degli abitanti, che Bruxelles sia la capitale effettiva dell'Unione europea e, nel suo comune di Evere, anche sede del quartier generale della NATO?

 

La NATO non mi sembra molto presente nelle nostre vite di Bruxellois(es) a dir la verità, e per fortuna, aggiungerei. Penso che il bello di Bruxelles, che spesso viene poco messo in risalto, sia che questa città non è solo ultra variegata a livello di provenienza per via delle istituzioni ma anche di ondate migratorie passate e più recenti: non ci sono solo gli ‘Expat’ che lavorano nella ‘Euro bubble’ ma anche tantissime persone provenienti da tutto il mondo che fanno lavori molto più comuni, come l’insegnante, la pizzaiola, il disegnatore, l’educatore, etc. E questa sì che è una ricchezza infinita della città.

 

Risulta che a Bruxelles si parlino tante lingue diverse in ogni angolo della città. Tu che di lingue ne conosci, credo, cinque, non potresti sentirti più a tuo agio…

 

Cinque solo se contiamo anche il dialetto giuliese! Scherzi a parte, per il momento mi fermo a tre parlate fluentemente, e una che sto studiando con interesse e assiduità. Mi riferisco al fiammingo, che è una delle due principali lingue nazionali belghe e che mi sembra giusto imparare, visto che più della metà della popolazione lo parla. E sì, mi sento infinitamente a mio agio in questa città dal punto di vista linguistico. In ogni caso, ho sempre avuto grande interesse per la linguistica e l’etimologia: trovo estremamente affascinante scoprire come una lingua costruisce il pensiero e viceversa, e come certe strutture sintattiche/terminologie/espressioni siano parte integrante di una cultura.

 

Sei impegnata nelle battaglie civili e sociali, e tra quelle intraprese spicca anche la lotta alla corruzione. Come mai?

 

La lotta alla corruzione è sempre stata un mio interesse primario. Grazie, senza dubbio, a mia madre e mio padre, che mi hanno cresciuta con principi politici e sociali forti e basati, in primis, sull’onestà e sulla giustizia sociale. E la corruzione è una spia importante dell’assenza di giustizia sociale. Non a caso, la criminalità organizzata prolifera dove il welfare manca. Confesso che mi sarebbe piaciuto continuare in quel settore ma gli eventi hanno un po’ deciso per me: nel 2014 le migrazioni erano l’hot topic e in quel settore sono rimasta per qualche anno.

 

Diciamo che, giovanissima, la “gavetta” su queste tematiche l’hai fatta nell'associazione Il Cittadino Governante. Quanto quegli anni sono stati formativi di questa tua coscienza?

 

Il Cittadino Governante è uno dei primi ricordi di attivismo politico che ho e a questa esperienza devo tanto. Per me è stato un po’ come un battesimo laico alla politica, della quale non ho mai smesso di interessarmi da allora. A parte una breve parentesi partitica con SI a Bruxelles, ho sempre cercato di fare politica in modo più diffuso come nel movimento transfemministi, nei gruppi antifa, nelle lotte per il diritto all’abitare, contro la precarietà, etc. Devo dire che in realtà non mi sono mai occupata di tutela ambientale. Non perché non mi interessi, eh, anzi. Ma penso che sia da inscrivere in una lotta più ampia contro un sistema di produzione, quello capitalista, che ha mostrato non solo il suo impatto deleterio sull’ambiente ma anche sulle condizioni di vita di moltissimi esseri umani. Ma questa è un’altra storia.

 

 

 

La famiglia Marà davanti al Golden Gate Bridge di San Francisco: mamma Lucia, Claudia, la sorella Flavia e papà Gaetano

 

 

Si può dire che il tuo percorso umano e professionale sia più o meno simile a quello di tua sorella Flavia anche se su fronti differenti?

 

Nell’attivismo, che poi è parte integrante dei nostri lavori, io e mia sorella ci ritroviamo moltissimo. Del resto, con due genitori così, non potevamo venir su tanto diverse. Abbiamo interessi leggermente diversi, ma che si integrano perfettamente. Del resto, entrambe crediamo fermamente nell’unità delle lotte e che nessuno sfruttamento, che sia di esseri umani o di risorse naturali, sia più giustificato di un altro. Per fortuna mia sorella vive a poche ore di treno da me e, Covid permettendo, è relativamente semplice poterla abbracciare.

 

Come sorella maggiore tendi ad essere più protettiva nei suoi confronti?

 

No, più protettiva direi di no. Anzi, sono io che guardo a mia sorella come un esempio di capacità di adattamento e resilienza in contesti nei quali io avrei avuto difficoltà enormi ad ambientarmi. Penso alla Georgia, ad esempio: sono andata a trovarla mentre lavorava lì, e pensavo costantemente a come sarebbe stato difficile per me vivere in un paese dove andare al cinema è impossibile – se non a Tbilisi, sedersi a un bar per una birra da sola, in quanto donna, impensabile, etc. Flavia invece riesce sempre a trovare uno stile di vita che collimi con quello dell’ambiente circostante.

 

Due figlie all’estero e, con la complicazione della pandemia da oltre un anno a questa parte, anche più difficili da raggiungere e frequentare. In che misura e maniera sono eventualmente cambiati i rapporti famigliari?

 

Se sono cambiati, direi che lo sono in meglio. La lontananza ci ha rafforzato, ci siamo sentite/i più spesso. Confesso di aver sofferto molto di nostalgia in questi mesi, come non ne avevo mai sofferto, nonostante viva lontana da casa da 13 anni e abbia avuto un oceano tra me e loro. Mia madre e mio padre mi mancano da morire, e noi a loro, ma so che il fatto che sia io che mia sorella viviamo con la nostra ‘famiglia scelta’, cioè i nostri rispettivi compagni, sia motivo di sollievo per i miei.

 

La domanda d’obbligo ai Giuliesi nel Mondo: se ti dico Cupola di San Flaviano pensi subito a….?

 

Penso a cosa che mi fu raccontata tempo fa e cioè che in passato la cupola era ricoperta di tegole azzurre che rilucevano al sole e alla luce della luna, e rendevano San Flaviano una specie di faro. La cosa mi colpì molto perché mi proiettò nel mondo dei pescatori, che si trovano di notte in mezzo al mare a fare un mestiere durissimo e pericoloso. Un mestiere ancestrale ma che spesso viene dimenticato, o, peggio ancora, romanticizzato, al punto di creare un immaginario che non rende giustizia alla fatica quotidiana di chi pesca per mestiere.

 

... A proposito, per chi hai tifato tra Belgio e Italia agli Europei di calcio?

 

Spero di non attirarmi l'odio dei e delle connazionali - scherzo -, ma tifavo Belgio. Un po' perché non sono una grande appassionata di calcio e quindi non esiste per me 'la fedeltà alla squadra', e un po' - anzi, un bel po' - perché ho trovato la querelle sull'inginocchiarsi o meno indecente. Il Belgio è tutto fuorché un paese scevro di forze di destra ed estrema destra razziste, che anzi nelle Fiandre sono maggioritarie, ma mai qualcuno si immaginerebbe di poter mettere in dubbio in pubblico un'adesione, che a me sembra banale, a un movimento doveroso come quello di Black Lives Matter.

 
(foto poste a disposizione da Claudia Marà, che ringraziamo)
 

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